La magistratura indagava sull’inquinamento di Portovesme sin dai primi anni Ottanta: alcuni pastori avevano denunciato gravi e preoccupanti malformazioni negli animali che pascolavano sui terreni vicini alle fabbriche di alluminio. Un caso non isolato, quello di Portovesme: gli inquirenti tra il 1980 e il 1981 avevano raccolto segnalazioni pure da San Gavino e Sant’Antioco, da qui, oltre alle inchieste, era scaturito un dibattito sull’esigenza di conciliare i posti di lavoro e lo sviluppo economico del Sud Sardegna con la tutela dell’ambiente, come sottolineava il giornalista sardo Alberto Pinna sulle pagine del Corriere della Sera in un articolo datato al 23 gennaio 1981 dal titolo “Bimbi pieni di piombo e animali mostruosi accusano le industrie di tre paesi sardi”.
Nel centro del Medio Campidano, si legge nell’articolo, un impiegato della fonderia del paese aveva portato all’attenzione degli inquirenti lo stato di salute dei suoi sette bambini: da tempo lamentavano frequenti mal di testa, inappetenza, dolori addominali. Nei primi di gennaio 1981 l’uomo aveva sottoposto i figli a esami medici ed erano emerse allarmanti concentrazioni di piombo nel sangue, causate probabilmente dalla vicinanza con la fonderia.
A Sant’Antioco invece il numero dei morti per cancro era raddoppiato nel 1980 rispetto all’anno precedente: si accusava la fabbrica di ossido di magnesio Sardamag. In tutti e tre i casi, gli animali deformi a Portovesme, i bambini intossicati dal piombo e i casi di tumore a Sant’Antioco emergeva la drammatica contrapposizione tra centinaia di posti di lavoro da una parte e il diritto alla salute dall’altra: questione che ancora oggi, 37 anni dopo, sembra ancora lontane da una soluzione. I nuovi dati choc sull’inquinamento a Portovesme lo confermano.
I pastori e gli agricoltori di Portovesme, inoltre, avevano ottenuto risarcimenti per i mancati guadagni dai vertici dello stabilimento Aluminia, società capogruppo di Mcs che fu incorporata poi nella società Alumix, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Come riporta un altro articolo del Corriere, questa volta firmato da Luciano Mondini e pubblicato il 23 febbraio 1986 con il titolo “Insorgono i contadini nel Cagliaritano, l’inquinamento distrugge campi e greggi”, la società versò ben 3,7 miliardi di vecchie lire ai lavoratori di agricoltura e pastorizia. Nel 1983, ricorda la vecchia pagina del Corriere, mezzo migliaio di sardi che avevano l’attività agricola nella zona avevano denunciato i danni dell’industria. Da quell’anno però qualcosa cambiò: ai vertici di Mcs arrivò il presidente Ferdinando Palazzo che decise lo stop agli indennizzi. Non solo: dalla società partirono pesanti accuse contro i lavoratori della zona che cercavano “rendite vitalizie” da “aziende che diventano selvaggina da eliminare”. Da qui seguì un duro braccio di ferro con Coldiretti. La pace tra pastori, contadini e la Auminia arrivò pochi anni dopo: nel febbraio 1987 la società promise una ristrutturazione dello stabilimento sardo e un impianto di avanguardia per il contenimento delle emissioni inquinanti.
Francesca Mulas