I rapporti di Bergoglio con la dittatura argentina. Un articolo di Horacio Verbitsky

Sarà un tema ricorrente nei prossimi giorni e tornerà spesso nel corso del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Anche se, comprensibilmente, viene messo da parte nei talk show celebrativi in corso in queste ore. Ma la questione dei rapporti del cardinale Bergoglio con la dittatura militare argentina è da anni al centro di polemiche. A lanciare la questione a livello internazionale è stato uno dei più importanti giornalisti argentini, Horacio Verbitsky, collaboratore di El Pais, del New York Times, e del Wall Street Journal.

Nel suo libro L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina (pubblicato in Italia da Fandango) Verbitsky racconta del sequestro da parte dei militari di due gesuiti invisi alla dittatura per il loro impegno nei quartieri più poveri.  Sequestro in qualche misura determinato dal fatto che Bergoglio tolse loro la sua protezione.

Ad chiamare in causa l’allora Superiore provinciale della compagnia di Gesù furono proprio i due sacerdoti i quali, dopo cinque mesi di detenzione e di torture (erano stati rapiti nel maggio del 1976), tornarono in libertà e non entrarono nella lista dei 30mila desaparecidos assassinati tra il 1976 e il 1983 dalla giunta guidata da Jorge Rafael Videla. Orlando Yorio e Francisco Jalics – questi i loro nomi – sostennero che il loro superiore li aveva consegnati ai militari.

     Bergoglio ha sempre respinto queste accuse. Altri testimoni hanno sostenuto che si impegnò per sottrarre altri perseguitati politici dalle mani degli aguzzini.

   Nel 2010, quando da poco era uscito Il gesuita, un libro autobiografico nel quale l’attuale pontefice parlava anche dell’epoca della dittatura, Verbitsky scrisse per il quotidiano argentino al quale collabora, Pagina 12, un articolo – intitolato “Operacion conclave” – nel quale sosteneva che la principale finalità dell’autobiografia di Bergoglio era ricostruire un’immagine adeguata ad aspirare alla successione di Benedetto XVI.

    di Horacio Verbitsky

“L’arcivescovo di Buenos Aires ha da poco pubblicato la sua autobiografia, Il gesuita. L’obiettivo di Bergoglio è soprattutto respingere le accuse di aver collaborato con la dittatura quando ricopriva l’incarico di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. I sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics lo accusano di averli consegnati ai militari”.

Yorio e Jalics restarono sequestrati per cinque mesi a partire dal maggio del 1976. Nella stessa operazione l’esercito arrestò anche quattro catechiste e i mariti di due di loro. Non sono mai stati ritrovati. Tra loro c’era Mónica Candelaria Mignone, figlia di Emilio Mignone, che nel 1979 ha fondato il Center of legal and social studies, un’organizzazione non governativa impegnata a proteggere e a rafforzare i diritti umani e la democrazia in Argentina.

Nel libro Bergoglio dice di aver fatto il possibile per liberare i due sacerdoti. Ma ci sono vari documenti che dimostrano il contrario. In ogni caso, conclude Página 12, le polemiche che hanno colpito il papa nelle ultime settimane potrebbero causare sviluppi inattesi nei vertici della chiesa. E Bergoglio ha bisogno di uno stato di servizio immacolato per poter aspirare al pontificato.

(Traduzione da Internazionale)

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