Verso le Primarie/Gianfranco Ganau: “Da governatore sarò il sindaco di tutti i sardi”

Per molti mesi, a cavallo tra il 2011 e il 2012, Gianfranco Ganau è stato indicato come il candidato unitario del Pd sardo. Un nome di garanzia, su cui potevano convergere le molte anime dei democratici isolani. Poi qualcosa è cambiato, dalla mancata elezione alla guida della sezione isolana dell’Anci (Associazione nazionale comuni d’Italia) in poi, la sua candidatura, pur rimanendo in campo, è diventata via via sempre più di una parte sola del Pd (quella del segretario Silvio Lai). Ora Ganau, cardiologo, 58 anni, dal 2005 sindaco di Sassari, è considerato il principale competitor di Francesca Barracciu, la favorita nei pronostici della vigilia.

Qual è il suo programma di governo per la Sardegna?

“Sono convinto che la Sardegna ha bisogno di un governo forte, che non sia succube di Roma o Bruxelles, che abbia il coraggio di decidere le priorità su cui investire, che abbia l’autorevolezza per garantire ai sardi diritti inalienabili come quello al lavoro, alla salute, alla formazione, alla sicurezza, alla mobilità. Tutti diritti che in questi anni ci sono stati negati, svenduti in nome dell’appartenenza politica e di scelte prese altrove, non in Sardegna”.

Il Papa a Cagliari ha messo in primo piano la dignità del lavoro. Come si affronta un’emergenza occupazionale come quella sarda?

“Il lavoro dev’essere una priorità assoluta. Innanzitutto sostenendo chi l’ha perso, non come ha fatto la Giunta Cappellacci che si è fatta bocciare un provvedimento fondamentale, quello dell’anticipo della cassa integrazione, per aver proposto una legge scritta male. Segno che a loro, delle famiglie sarde non importa niente. Soprattutto, però, dobbiamo far ripartire il mercato del lavoro e mettere le impresa nelle condizioni di produrre, crescere e assumere. Ci riusciremo azzerando la burocrazia, defiscalizzando ed estendendo la zona franca urbana a tutto il territorio regionale, elaborando un piano energetico regionale che porti in Sardegna energia a basso costo per far diventare le nostre imprese davvero competitive, investendo ogni euro risparmiato dagli sprechi nella creazione di infrastrutture per far viaggiare merci e persone, trattando con lo Stato e le compagnie di trasporti per avere un modello di continuità territoriale commerciale che consenta ai nostri prodotti di viaggiare a prezzi vantaggiosi”.

Le grandi industrie hanno lasciato in Sardegna disoccupazione e inquinamento. Quel modello di sviluppo è finito. Ma ne esiste uno alternativo o di deve soprattutto tentare di salvare l’esistente?

“Innanzitutto non dobbiamo più permettere a nessuno di venire in Sardegna solo a prendere. Dopodiché è evidente che dobbiamo sostenere gli insediamenti industriali rimasti sul nostro territorio, che rappresentano in alcuni casi delle vere e proprie eccellenze. Ma non dobbiamo fare l’errore del passato: puntare su un solo modello produttivo, perché alle alle prime difficoltà l’intera economia finisce in ginocchio. Puntiamo su più settori, non solo su quello industriale, ma anche sull’agricoltura, sul turismo e sull’innovazione. Solo così saremo più solidi davanti alle crisi”.

Lei a ha fatto due uscite tematiche su sanità e cultura. Due settori da sostenere, ma che vanno anche riformati…

“La spesa sanitaria rappresenta quasi la metà del bilancio della nostra Regione, eppure oggi non possiamo dire che tutti i sardi abbiano lo stesso livello di sicurezza, cura e assistenza. Prima di accorpare gli ospedali, come ci chiede un piano di rientro deciso a Roma e subito passivamente da questa giunta regionale, tagliamo gli sprechi. A partire da quelli nel settore farmaceutico per il quale spendiamo 164 milioni di euro più delle altre regioni. Poi riorganizziamo il sistema in distretti, realizziamo una casa della salute in ogni territorio per rispondere in maniera omogenea al bisogno di salute di ogni comunità. Le risorse ci sono, basta spenderle bene.
Sulla cultura il discorso è diverso. In questi anni si è investito poco e male. Dobbiamo sostenere le nostre eccellenze, tra cui quelle di natura professionale, ma dobbiamo sostenere anche tutte quelle realtà che ogni giorno anche nelle comunità più piccole avvicinano giovani e cittadini alla musica, alla danza, all’arte, alla nostra storia e tradizione. Perché rappresentano la custodia della nostra memoria ma anche un volano per creare sviluppo”.

Lei oggi è sindaco. Da presidente della Regione che rapporto pensa di instaurare con gli enti locali?

“La regione deve fare le leggi e programmare le macro linee di sviluppo del territorio. La gestione non può più essere centralizzata, perché diventa solo burocrazia fine a se stessa, che non risponde ai bisogni quotidiani dei sardi. Quindi la prima cosa da fare è trasferire poteri e risorse ai sindaci, perché sono loro in prima linea e devono dare risposta alle esigenze delle loro comunità”.

Parliamo del Pd. Si sente il candidato di una cordata (Lai-Spissu-Cabras), come dicono i suoi avversari?

“Da sindaco sono abituato a confrontarmi con i cittadini, ad ascoltarli ed a rendere conto a loro, e solo a loro, delle mie azioni. Per questo posso affermare con nettezza che il mio unico sponsor sono e saranno sempre e solo i sardi”.

Come vede l’attuale condizione del suo partito e in che direzione vorrebbe che andasse il nuovo Partito democratico sardo?

“Il Pd sardo in questi anni ha provato a difendere i sardi dai disastri di Cappellacci. A volte ci è riuscito, altre volte meno. In prospettiva vorrei un partito che discute un po’ meno dei problemi interni e molto di più dei problemi dei cittadini”.

Che giudizio da del centrodestra e del presidente Cappellacci. Dove secondo lei ha fallito?

“Giudizio totalmente fallimentare. Farei prima a dire in cosa non ha fallito, ma non mi viene in mente niente”.

Quali sarebbero le sue prime decisioni da presidente della Regione?

“Bloccare ogni sperpero, mettere mano alla programmazione dei fondi europei, andare a Roma a difendere gli interessi dei sardi ad esempio ricontrattando il patto di stabilità che soffoca i nostri enti locali e quindi i servizi ai cittadini”.

Perché gli elettori di centrosinistra dovrebbero scegliere proprio lei?

“Perché in questi anni la politica regionale ha pensato a tutto tranne che ai bisogni e agli interessi dei sardi. Come sindaco invece sono abituato a rispondere ogni giorno, seppur tra mille difficoltà e senza risorse, ai bisogni dei cittadini. E’ arrivato il momento di un governo regionale che sia dalla parte dei Sardi, che abbia come unico obiettivo la difesa dei loro bisogni e lavori ogni giorno per il futuro dell’Isola”.

Alberto Urgu

 

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