In queste ore in molti commentano il provvedimento del Collegio di garanzia elettorale della Corte d’appello che dichiara la decadenza da consigliera di Alessandra Todde. L’avvocato Giovanni Dore spiega a Sardinia Post che la legge è vecchia, in quanto ideata per un altro sistema elettorale, e propone una propria chiave di lettura. Ha esaminato punto per punto i dispositivi delle singole contestazioni alla rendicontazione elettorale e sottolinea che, leggendo la norma, la decadenza può esserci solo per due motivi: superamento della soglia di spesa e omessa dichiarazione della rendiconto. Fatti che non sussistono.
Certo, nel secondo caso per completezza di informazione andrebbe precisato che qualche pasticcio è stato fatto. Per usare la sintesi di un altro giurista e cioè l’amministrativista Sergio Santoro sul Tempo, “si sconta il noviziato”, visto che si è tentato di correggere il tiro cercando di sostituire in un secondo momento la dichiarazione che comunque esiste ed è stata presentata nei tempi.
La vicenda è molto articolata e la normativa nazionale risale al 1993. “Quando tanto nel parlamento italiano quanto nei consigli regionali vigeva un sistema proporzionale e non quello attuale – più volte modificato maggioritario”, riferisce facendo notare che la modifica del sistema elettorale potrebbe anche incidere sull’automatica applicazione delle sanzioni.
“Tanto è vero – dice a Sardinia Post il giurista che oggi ricopre un ruolo tecnico in un assessorato – che dette norme riguardano i candidati consiglieri e non già quelli alla presidenza di una giunta regionale cui la norma è stata giustamente applicata in senso analogico nel caso concreto, trattandosi sempre di candidatura anche al consiglio regionale. Analogia, però, non automatica, tanto da essere stata esclusa dallo stesso Collegio, per esempio, per il “tetto” di spesa dello stesso candidato presidente”.
Dore si rifà dunque alla legge elettorale, come citata nel dispositivo della Corte. “Le numerose violazioni contestate, per lo più formali, richiamano espressamente i commi 3, 4 e 6, dell’art.7 della l. 515/93, cui sono ricollegate sanzioni puramente pecuniarie”, scrive anche sui social precisando che la decadenza di un consigliere regionale, e dunque anche del presidente della Giunta, “può invece essere comminata nel solo in caso di superamento del tetto di spesa previsto o di omessa dichiarazione del rendiconto, come disposto dai commi 7, 8 e 9 dell’art.15 della medesima legge”.
Per il giurista si tratta di “violazioni che, nello specifico, non paiono esser state commesse, né contestate” e non ritiene che la mancata certificazione del rendiconto della Todde da parte di un mandatario elettorale, che in realtà non è mai stato nominato, possa essere equiparata a un’omessa dichiarazione che possa far “scattare la sanzione decadenza”.
Ammette che la questione giuridica è complessa e che “di fatto anche il dispositivo del provvedimento dell’organismo di garanzia ha irrogato solo una sanzione pecuniaria limitandosi a evocare (in modo sibillino) la decadenza della Presidente nella parte in cui ha investito il Consiglio regionale per la relativa delibere di competenza”.
Ma ricorda che “tanto gli atti amministrativi, quanto quelli giudiziari devono esser sempre motivati in senso costituzionalmente orientato”. Evidenzia infine che “la salvaguardia della volontà espressa dai cittadini in una competizione elettorale è certamente valore primario da tutelare, sempre che i fatti contestati non siano stati inequivocabilmente finalizzati a sovvertire le regole elettorali”.
M.V.