“Stop alla faida sulla lingua sarda” L’assessore Firino lancia il monito

Claudia Firino, assessore regionale alla Cultura, invita alla calma sul sardo e anticipa i programmi 2015. Tra cui un piano straordinario di scavi archeologici.

Sulla limba, invita alla calma Claudia Firino, l’assessore regionale alla Cultura chiamata a gestire anche la faida delle varianti linguistiche, tema che scalda gli animi fuori e dentro la Rete. La quota Sel della Giunta comincia dal sardo e arriva alla programmazione 2015 che partirà “con un piano straordinario per gli scavi archeologici”, anticipa.

Assessore, ha visto: alla prima audizione sul sardo, in commissione Cultura del Consiglio, hanno litigato. Lei tifa per le varianti o per la Limba sarda comuna (Lsc)?

Le polemiche non fanno bene al sardo, che tutti dicono di voler difendere e promuovere. Da parte mia c’è massima disponibilità sia verso l’utilizzo della lingua standard (la Lsc) che delle varianti. Ma se la stessa energia posta nelle proteste venisse investita nel lavoro comune, la politica linguistica della nostra Isola ne gioverebbe.

Le sovvenzioni pubbliche per il settore a quanto ammontano?

A 1 milione e 300mila euro.

Compresi i convegni con pranzo?

Lo stanziamento di 1,3 milioni riguarda tutto il comparto Lingua sarda. In qualsiasi settore ci sono anche i convegni. Io non voglio aprire la caccia ai banchetti, visto che dibattiti e tavole rotonde sono momenti di confronto, e  hanno una grande importanza. Sottolineo, comunque, che questo assessorato regionale sosterrà la promozione della lingua sarda nelle scuole, capitolo al quale non è stato tolto nemmeno un euro, come ho scritto anche nel mio blog (riflessione intitolata Senza peli sulla limba). Nell’Isola, la politica linguistica è cominciata nel 2004 con la giunta Soru. Da allora sono passati dieci anni e ancora si parla di sperimentazione: è tempo di entrare a regime. Il tema del sardo è troppo importante per lasciarlo alle sterili polemiche, linguistiche e politiche. Di certo, abbiamo garantito il pagamento degli stipendi a tutti i lavoratori degli sportelli che promuovono la conoscenza del sardo.

Anche lei vuole arrivare al bilinguismo?

Io voglio arrivare al plurilinguismo. L’ideale sarebbe trattare il sardo allo stesso livello delle lingue cosiddette straniere. Bisogna costruire un’offerta formativa il più ampia possibile.

In queste settimane stanno bussando tutti alla sua porta per chiedere soldi: non solo i cultori della limba, ma anche gli operatori dello spettacolo.

Ascoltare e confrontarmi è una delle responsabilità che ho, insieme alla corretta gestione dei fondi da utilizzare sino alla fine dell’anno.

Come li sta spendendo?

Non posso che dare corso agli impegni assunti dal centrodestra: per il settore della Cultura, dello sport e degli spettacoli erano stati stanziati 70.780.000 euro, di cui 27.451.193 euro già utilizzati quando ad aprile mi sono insediata.

Per il 2015 come intende lasciare il segno?

Nel Piano di sviluppo regionale (Psr) abbiamo inserito un piano straordinario per gli scavi archeologici. Tutti i fari sono puntati sui meravigliosi Giganti di Mont’e Prama. In realtà, i soldi per procedere a Cabras ci sono. Mancano invece le risorse per scavare in tante altre parti della Sardegna, dove sono nascosti tesori di uguale e inestimabile valore. Ricordiamo che in Sardegna ci sono da valorizzare anche le tantissimi professionalità che ruotano intorno all’archeologia: attraverso il nuovo piano potranno essere impiegate.

Su quali cifra state ragionando?

Com’è noto, il Piano regionale di sviluppo indica le linee guida degli interventi e rimanda la definizione delle risorse a successivi programmi. Per questo non posso ancora dire la somma. I Giganti devono funzionare da volàno di una promozione su ampia scala, con l’obiettivo di comunicare che la Sardegna ha un’immensa e ampissima ricchezza archeologica.

Tornando alle proteste: quanto il mondo della cultura vive di assistenzialismo?

Qualche caso c’è, ma per fortuna circoscritto. E lo sarà ancora di più con le nuove regole che fisseremo per l’accesso ai contributi pubblici. Non sono pensabili richieste di finanziamento senza ricadute sulla comunità. Dare in concessione i teatri inutilizzati è, per esempio, una di quelle forme di servizio su cui vogliamo puntare per sostenere il settore con un’azione parallela a quella più tradizionale dei contributi. Per un altro verso, cercheremo di portare le iniziative anche fuori dal perimetro regionale: è necessario allargare il bacino dell’utenza, il che vuol dire anche le possibilità di guadagno. Io le chiamo contaminazioni: significa la necessità di favorire l’integrazione culturale.

Gli operatori dicono che quando c’è da risparmiare, alla Cultura viene sempre chiesto il sacrificio maggiore.

Analizzando i numeri, sulla Cultura non si riscontrano percentuali di tagli maggiori rispetto ad altri assessorati. Certamente, parliamo di riduzioni importanti, ma i sacrifici mi paiono spalmati tra tutti.

In Sardegna, a che è punto la legislazione del settore?

La normativa è tutto sommato avanzata, ma ha bisogno di attuazione, e solo in alcuni casi di attualizzazione. Io non sono malata di riformite, per cui non credo che a ogni cambio di Giunta vadano fatte nuove leggi. Ci sono già la 14, la 15 e la 18, approvate tra il 2004 e il 2009. Molto più modestamente, punto a dare prospettiva al settore. Non con finanziamenti spot e tanto meno a pioggia, ma attraverso percorsi di crescita e valorizzazione delle persone e delle attività.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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