Fino al 2000, prima che l’allora presidente del Consiglio Efisio Serrenti vi mettesse mano, dopo cinque anni trascorsi nell’Aula di via Roma un onorevole maturava un vitalizio pari al 35% dell’indennità lorda (ovvero circa 3.400 euro lordi), da incassare a 65 anni. Dopo dieci anni trascorsi in via Roma la percentuale saliva al 54% (5.346 euro), con quindici si arrivava al 66% (6.534 euro) e con 20 al 78% (7.722 euro). Ancora: con 25 anni di ‘carriera’ in consiglio regionale, il vitalizio era all’82% (8.118 euro) e con trent’anni e oltre all’85,5% (8.464 euro, il massimo). Di contro, ogni consigliere accantonava una quota mensile dell’indennità lorda pari all’8,6% (805 euro).
Si diceva: dal 2000 si cambia e le percentuali (a partire dalla legislatura iniziata nel 2004) si abbassano. Come riporta il sito del Consiglio, dopo 5 anni il vitalizio è pari al 25% sull’indennità lorda (2.475 euro lordi), dopo 10 sale al 38% (3.762 euro), dopo 15 è al 53% (5.247 euro) e dopo 20 è al 68% (6.732 euro). Infine, gli ultimi due ‘scalini’: dopo 25 anni si ha diritto al 75,5% (7.474 euro) e dopo 30 anni e oltre la percentuale è pari all’80% (7.920 euro).
La quota che ogni consigliere deve accantonare, ha subìto due variazioni in aumento. La prima a partire dal 2007, con la quota che passa dall’8,6 al 15% (1.353 euro) e la seconda il 26 maggio 2012, quando la quota passa al 22% (pari a 2.038 euro).
Infine, l’abolizione del vitalizio a decorrere dalla legislatura attuale, decisa nel novembre del 2011. I ‘nuovi arrivati’ non percepiranno alcun assegno, mentre “per gli onorevoli rieletti – si legge sul sito del Consiglio – non si produrranno effetti giuridici ed economici rispetto a quanto già maturato”.
P. S.