Sanità, Todde torna sull’impugnazione e sfida il Governo: “Atto politico, stiamo studiando il ricorso”

“L’iniziativa del Governo? Per come è nata non ci deve preoccupare, perché è un’impugnazione politica”. Così la presidente della Regione, Alessandra Todde, torna sull’impugnazione in Consiglio dei ministri della legge sulla riorganizzazione della sanità isolana. “Prima abbiamo ricevuto una nota dove si scriveva nero su bianco che il nostro operato era legittimo, e proprio sui commissariamenti dei vertici sanitari – ricorda Todde, parlando con i cronisti a margine del convegno questo pomeriggio nella sede della Fondazione di Sardegna per la presentazione del “Rapporto Letta” -. Poi però è stata inviata una nota evidentemente politica, dove veniva rimesso in discussione ogni principio della legge”.

È evidente per la governatrice “che quando non si entra in merito della legge, ma si entra nel merito della politica – cercando di politicizzare ancora di più la sanità – siamo davanti a un percorso che non ci deve vedere complici. Per questo porteremo le nostre prerogative davanti alla Corte costituzionale”. Per quanto riguarda il ricorso contro l’impugnazione, “l’abbiamo già visto e già pensato: stiamo affilando le armi, e vi posso garantire che difenderemo le nostre prerogative”, aggiunge Todde. La legge di riorganizzazione del sistema sanitario sardo “rappresenta una sfida importante – spiega ancora Todde -. Con la consapevolezza che chiaramente deve essere portata avanti da tutte le forze politiche, perché la sanità è un bene comune. Credo che il lavoro da fare sia tanto, soprattutto occorre ripartire dalla ricucitura tra il territorio e gli ospedali. Facendo in modo che la Sardegna finalmente possa fare dei passi in avanti rispetto all”interfaccia’”.

Ribadisce la governatrice: “Noi abbiamo un sistema che è nato per non far diminuire le liste d’attesa – perché ad esempio non vengono rese disponibili le agende delle varie Asl e non vengono messe a disposizione dei cittadini – e non ci possiamo lamentare del fatto che per fare esami, anche primari, dobbiamo aspettare non mesi, ma anni. Questa criticità deve essere presa in mano con uno spirito di cambiamento, che deve portare tra sei mesi (dopo i commissari, ndr) ad avere dei direttori generali che rappresentino veramente un cambio di passo”.

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