La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso del Governo contro l’art. 3, commi 12 e 13, della legge regionale sarda del 5 febbraio 2024 n. 1. La controversia riguardava la redistribuzione delle risorse non utilizzate del tetto di spesa 2020 agli erogatori privati accreditati che avevano ecceduto il budget ospedaliero nel 2021 che avrebbe consentito l’incremento del tetto di spesa 2023 per l’assistenza ospedaliera, derogando ai limiti nazionali di riduzione dell’acquisto di prestazioni da privati.
Il Governo, attraverso l’Avvocatura generale dello Stato, aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, ritenendo che queste disposizioni violassero l’art. 15 del decreto-legge 95/2012. Questa norma nazionale impone alle regioni, incluse quelle a statuto speciale come la Sardegna, una riduzione percentuale degli acquisti di prestazioni dal settore privato per razionalizzare la spesa sanitaria.
Nella sua difesa, la Regione Sardegna ha affermato che la propria normativa è legittima poiché la Regione si fa carico integralmente delle spese sanitarie, senza gravare sul bilancio statale. Di conseguenza i vincoli di contenimento della spesa imposta dallo Stato non sono vincolanti per la Sardegna, che ha destinato questi fondi regionali al potenziamento del servizio sanitario e alla riduzione delle liste d’attesa.
La Corte Costituzionale, accogliendo le argomentazioni della Regione, ha stabilito che il limite di spesa imposto dallo Stato non si applica alla Sardegna. Questo principio si basa su precedenti giurisprudenziali secondo cui le regioni autonome, finanziando integralmente il proprio sistema sanitario, non sono soggette alle regole di contenimento della spesa sanitaria fissate a livello nazionale, a meno che non siano vincolate da piani di rientro finanziario o da obblighi di garantire i livelli essenziali di assistenza. Poiché la Sardegna rispetta tali requisiti, la Corte ha riconosciuto la legittimità delle norme regionali.