Sanità, il ritorno alle 8 Asl è quasi legge. Ma in Aula è scontro sulla riforma

Il testo che ripristina le vecchie otto Asl in Sardegna ha superato il primo step. Oggi il Consiglio regionale ha approvato il passaggio agli articoli con 30 voti a favore, 19 contrari e 2 astenuti. La discussione si è conclusa con l’intervento dell’assessore della Sanità Mario Nieddu, che ha indicato gli obiettivi della riforma. “Superare la Asl unica salvandone alcuni aspetti positivi. L’Ares, l’Azienda regionale della salute che prenderà il suo posto, lavorerà su economie di scala con l’accentramento degli acquisti che consentirà di realizzare importanti risparmi nella spesa. Il risparmio però – ha chiarito – deve essere virtuoso, non deve portare al blocco del turn-over. Noi vogliamo potenziare la medicina territoriale. Lo dimostra il fatto che quest’anno abbiamo riattivato i corsi per medici di emergenza territoriale che non si facevano da 15 anni”.

L’esponente della Giunta Solinas ha parlato di “una riforma coraggiosa che darà frutti migliori della precedente: lo smantellamento dell’Ats libererà il management da molti compiti lasciandogli tutto il tempo per dedicarsi alla vera missione delle Asl, cioè erogare servizi”. Poi ha risposto a specifiche questioni poste durante gli interventi. “Non ci sarà alcun poltronificio – ha specificato – le Asl sostituiranno le attuali aree dell’Ats”. In secondo luogo: “La riforma procederà per tappe, ora si interviene sulla governance, tutto il resto verrà in una seconda fase. Si farà la rete ospedaliera, le reti territoriali, le reti di cura”.

Secondo l’opposizione invece si tratta di un bluff che ripropone un sistema vecchio e privilegia il privato sul pubblico. Per Michele Ciusa (M5s) “la maggioranza ha pensato più al potere ignorando il grido di dolore di operatori sanitari e cittadini”. Massimo Zedda (Progressisti) ha ricordato che “la Sardegna è l’esempio unico al mondo di un sistema sanitario che cambia con una riforma durante una pandemia che ha colpito tutto il pianeta, una responsabilità enorme che dovrebbe consigliare di attendere almeno qualche mese”. Anche Cesare Moriconi (Pd) ha invitato la maggioranza a fermarsi: “Si ripropone un sistema nato nel ’95 che risaliva a sua volta nell’81, come se il tempo trascorso non ci avesse insegnato nulla, senza dimenticare che la pandemia ha aggravato tutto”.

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Tutti della maggioranza i consiglieri che hanno promosso la riforma. Nico Mundula (FdI) ha sottolineato che il riordino è necessario “per superare la visione basata sull’azienda unica”, Giovanni Antonio Satta (Riformatori) si è soffermato “sull’importanza delle nuove tecnologie nella gestione dei servizi sanitari: bisogna puntare a una sanità sempre più digitale in grado di garantire cure da remoto. E’ una sfida obbligata”. Annalisa Mele (Lega) ha sostenuto che la riforma “è coraggiosa”. Per Giorgio Oppi (Udc) il ritorno al passato non è un problema, “magari si tornasse al passato. I problemi sono iniziati nel 2006 quando Soru ha deciso di caricare la spesa sanitaria sul bilancio regionale. Poi sono arrivate le gestioni Dirindin e Moirano. Il sistema adesso ha bisogno di correzioni”.

Nieddu ha invece replicato così a chi sostiene che sia inopportuno approvare una riforma durante la pandemia: “Utilizzare l’emergenza Covid per dire che bisogna bloccare la riforma è sbagliato, abbiamo dimostrato di saper affrontare le difficoltà, una eventuale seconda ondata potrà essere fronteggiata con più tranquillità rispetto al passato. Oggi, infatti – ha sottolineato – abbiamo strumenti che prima non avevamo”.

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