Riordino della sanità, la Giunta Todde accelera. Ma sulla rimozione dei manager divisioni tra Pd, Progressisti e M5s

di Vito Fiori

La parola riforma, Alessandra Todde, non la vuole nemmeno sentire. Meglio chiamare riordino quello che la Giunta regionale intende portare avanti, a tutti i costi, sulla sanità. E la Commissione, che da settimane ha avviato le audizioni, nel tentativo di spiegare gli intendimenti della maggioranza per rimettere in sesto un sistema allo sfascio, sta imprimendo un’accelerata, nonostante questo impegno rischi di essere vanificato. Già, perché c’è il maxiemendamento che l’esecutivo ha approntato nei mesi successivi alla nascita del disegno di riorganizzazione delle Asl e dei servizi sanitari sardi, quasi che il lavoro precedente fosse da buttare all’aria.

Era stato proprio assessore Armando Bartolazzi, nella prima audizione della Commissione, ad annunciarlo urbi et orbi tanto da lasciare perplessi gli stessi commissari e i sindacati perché, aveva detto, avrebbe stravolto completamente l’impalcatura della legge.

In realtà, però, ad alimentare le riserve in seno al centrosinistra sarebbe l’approccio verso i direttori generali, tutti nominati dalla Giunta di Christian Solinas con il più classico degli spoil system. Manager le cui performance non avrebbero convinto Agenas (Agenzia nazionale per servizi sanitari regionali) che nel suo ultimo rapporto ha relegato la Sardegna all’ultimo posto tra le regioni italiane. Addirittura, le due Aou (aziende ospedaliere universitarie) di Sassari e Cagliari, oltre al Brotzu, non avrebbero presentato i bilanci. Esempi non virtuosi che hanno fatto storcere il naso a molti. “La maggior parte possono e devono essere sostituiti per gravi e conclamate inadempienze – dice Francesco Agus (Progressisti) componente della commissione –, hanno creato da soli le condizioni per favorire l’avvicendamento”.

Ecco il punto: il M5s non vorrebbe che si cacciassero tutti indistintamente, il Pd e i Progressisti invece sì. La ragione è anche facile da spiegare: i 5 stelle non avrebbero manager d’area e non accetterebbero che a dare le carte, cioè a indicare i nuovi nomi, siano i partiti alleati. Soprattutto i democratici che, non solo nella sanità, possono contare su figure di spessore attingendo dalla graduatoria nazionale. Sembra una questione banale, ma non lo è. Intanto perché la stessa Todde avrebbe indottrinato i suoi a stare sempre all’erta, anzi, meglio, in guardia dai compagni di viaggio. Ma non sono solo i manager la fonte di preoccupazione nel campo largo. Le critiche alla legge arrivano da ogni parte.

“Tutti gli auditi – prosegue Agus – non hanno mostrato alcun entusiasmo per la proposta. Tutti hanno chiesto di rivedere il ruolo di Ares il cui rapporto con le Asl è in fibrillazione da tempo”. Come pensate di uscirne? “Io sono convinto che per le grandi urgenze non servano riforme o leggi bensì atti amministrativi. Esempi? Per le liste d’attesa, l’utilizzo delle risorse umane, i rapporti con le strutture e medici convenzionati, il territorio da rafforzare basterebbe stanziare delle risorse e procedere con atti gestionali. Non possiamo complicare ulteriormente un sistema già complesso, tenendo presente che tutto ciò che viene approvato dal consiglio regionale ha necessità di tempo per produrre risultati”.

Insomma, il clima non è serenissimo anche se, almeno per ora, non si intravedono motivi di tensioni gravi e tali da mettere in discussione il governo regionale. Restano comunque dei segnali da non sottovalutare. Sta di fatto che la legge di riordino, se tutto va bene, arriverà in aula fra non meno di due settimane quando in via Roma sono pronti a mandarla al macero per presentare il maxiemendamento. Sempre che non si trovi un accordo sui direttori generali così da far rientrare eventuali mal di pancia nel Campo largo.     

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