Riforma della sanità, l’Anci: “No limiti a servizi zone interne”

“No a ogni ipotesi di depauperamento dei servizi sanitari nelle aree interne e nelle aree disagiate”. E’ la posizione di Anci Sardegna e dei sindaci dei Comuni con una o più strutture ospedaliere riuniti in assemblea a Oristano per discutere della riforma regionale sulla sanità. “Una posizione – è scritto nel documento approvato all’unanimità dei Comuni – che deve diventare scelta strategica fondante della Regione, per avviare politiche serie e concertate di investimento contro lo spopolamento e la desertificazione umana, sociale e civile”.

L’Anci chiede anche “un approfondimento, nella competente Commissione del Consiglio regionale, delle istanze provenienti dai territori con la finalità di dare coerenza alle logiche della riforma, nell’individuazione delle sedi disagiate e con situazioni specifiche specialmente nelle aree montane, oltre alla specificazione precisa dei compiti degli ospedali di comunità”. A tal fine “è necessario l’avvio di nuove audizioni con Anci, Cal e i sindaci dei territori interessati”. La Riforma della rete ospedaliera, è emerso in assemblea, “è oggi più che mai necessaria, ma deve tenere nella giusta e dovuta considerazione le specificità insediative dell’Isola: aree urbane, aree rurali, montane, piccole isole e centri turistici; e, ovviamente, deve potenziare i poli delle aree urbane con servizi di avanguardia e di alta specializzazione”.

A prendere posizione è anche il segretario generale della Cisl Sardegna, Ignazio Ganga. “Ormai – si legge in una nota – è diventata una voce unica la richiesta che il Consiglio Regionale metta mano, per rivederla in molte parti, alla riorganizzazione della rete ospedaliera proposta dalla Giunta. Per l’Esecutivo sarebbe a dir poco inopportuno e infelice scelta politica far finta che lo scorso 6 luglio per la Sanità non sia successo niente, quando non meno di 4.000 persone assieme a molti rappresentanti delle comunità locali si sono messi in viaggio da tutti i territori per esprimere la preoccupazione sul futuro dell’organizzazione sanitaria, quindi per la salute dei singoli cittadini”.

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