Regionali, intervista a Renato Soru: “Il voto utile per battere la destra è quello per noi”

di Andrea Tramonte

Renato Soru va dritto per la sua strada. Il tema di una ricomposizione del ‘campo progressista’ in vista delle Regionali non sembra essere più nell’agenda, almeno non nella sua. Nella sede cagliaritana della sua campagna elettorale nel Corso Vittorio Emanuele – lo slogan è ‘La rivoluzione gentile’ – dice anzi che quello per lui e la coalizione che lo sostiene è “l’unico voto utile per battere la destra”. Anche se sottotraccia il dialogo non si è mai interrotto: proprio qualche giorno fa il capogruppo in Consiglio regionale dei Progressisti, Francesco Agus, ha detto che i tempi per ricomporre ci sono ancora e “stiamo lavorando per quello”. Ma intanto Alessandra Todde parte domenica da Nuoro con la sua campagna elettorale e Soru parla dell’alleanza M5s-Pd come di una formula destinata a perdere. E si dice convinto che le sigle a suo sostegno aumenteranno, al centro come nella galassia indipendentista (si lavora proprio in questi giorni a una lista che dovrebbe radunare alcune forze del campo “indie”). “Abbiamo una occasione storica di rinascita, guidata dalla Sardegna in base alle decisioni che prenderemo noi sardi, con le nostre capacità: e non sarà un regalo che arriva dall’esterno – dice l’ex governatore a Sardinia Post nella prima di una serie di interviste coi protagonisti delle Regionali 2024 -. Dobbiamo essere capaci di riaccendere le speranze della società sarda”.

Su La7 ha parlato da avversario del ‘campo largo’ e si dice convinto di vincere. Il giorno dopo però avete rilanciato un ulteriore appello al confronto. 

Avevo detto che il tempo era quasi scaduto. Quasi. E coerentemente abbiamo rilanciato il dialogo per senso di responsabilità nei confronti di tanti nostri elettori che ci chiedono di fare tutto il possibile per rimanere uniti. 

Todde però ha lanciato la sua campagna elettorale. Molto difficile anche solo ipotizzare un passo indietro.

La mia è iniziata tre mesi fa. Lo ripeto: noi per senso di responsabilità non abbiamo mai chiuso la porta ma le elezioni si avvicinano. Continuiamo a ribadire che se c’è la volontà si possono fare le primarie entro dicembre.

Intanto i Progressisti e i Riformatori hanno depositato in Consiglio due proposte per dare attuazione alla previsione delle primarie nella legge elettorale statutaria. 

È un fatto nuovo e importante. La ratio di quella legge era che per massimizzare la partecipazione democratica si dovesse prevedere l’indicazione del presidente attraverso il coinvolgimento dei cittadini con le primarie, poi questo si sarebbe dovuto dettagliare con leggi di attuazione che però non sono mai state fatte. Ora la proposta c’è e c’è anche il tempo per approvarla. Sarà interessante capire chi si opporrà. E soprattutto se si opporrà il Pd, che ha le primarie nel suo Dna.

Però il tema della legge elettorale è stato sollevato solo di recente e le primarie si sono celebrate solo quando vinse Francesca Barracciu, che poi fece un passo indietro. 

Dopo la rinuncia di Barracciu non c’era il tempo di rifare le primarie. E la scelta di Francesco Pigliaru è stata fatta attraverso la direzione del Pd e degli altri partiti della coalizione. Alle Regionali del 2019 si è proposto solo Massimo Zedda per cui non c’era il tanto per celebrarle.  

È una coincidenza che sia Progressisti che Riformatori – che governano con Solinas – abbiano posto il tema in Consiglio?

È un richiamo alla responsabilità sia alla coalizione 5s-Pd sia alla coalizione di destra, un tentativo di provare a risolvere in modo trasparente le contraddizioni che stanno vivendo. Le imposizione romane ci sono anche dall’altra parte: almeno loro lo dicono in modo trasparente. E anche loro richiamano la necessità di prendere decisioni così importanti qui in Sardegna. 

Il presidente del Psd’Az, Antonio Moro, ha risposto a una domanda su un eventuale dialogo con lei dicendo che “era prematuro parlarne”, ma senza escluderlo. Quindi avete fatto dei ragionamenti insieme?

Approfitto di questa domanda per chiarire una cosa una volta per tutte: noi siamo totalmente alternativi all’esperienza disastrosa di questi ultimi cinque anni in Regione e che finalmente si sta per concludere.

Più volte ha dichiarato che la sua coalizione vuole aprire il dialogo anche con forze di centro. Parla di Azione e Italia Viva?

Confermo l’interesse, in particolare per partiti che abbiano un’anima sarda, un orizzonte politico netto e chiaro sui temi della Sardegna, e un centro che non abbia avuto responsabilità di governo negli ultimi cinque anni. Credo che il perimetro si allargherà ulteriormente grazie a movimenti e liste civiche legate a esperienze di amministratori comunali. Sono però convinto che queste elezioni non saranno determinate dalla semplice sommatoria di sigle, ma dalla capacità di esporre con chiarezza una idea forte di Sardegna, di futuro, con una indicazione netta delle necessità anche normative e dalla capacità di garantire l’attuazione del programma elettorale. 

Progetto Sardegna è rinato ufficialmente. Il percorso del partito andrà oltre le Regionali?

C’è un orizzonte politico che riguarda anche i prossimi appuntamenti elettorali. Il progetto è quello di unire un ampio spettro di partiti sardi che vanno dall’indipendentismo moderno fino a un nuovo autonomismo, in modo confrontarsi in modo forte con lo Stato, assumere nuovi poteri e creare nuovi spazi di autodeterminazione. Questa vasta area politica non deve rimanere frammentata. E può diventare egemone nella politica sarda.

La settimana scorsa Elly Schlein è venuta a Cagliari. Vi siete sentiti?

Sì, e le ho detto che non sono d’accordo su un Pd che va a rimorchio dei Cinque stelle, un movimento che voleva cancellare il partito e lo ha insultato ripetutamente, che ha governato con la sinistra e con la destra (e a Sassari continua a farlo). Trovo ingiusto che l’attuale dirigenza del Pd stia consegnando a loro la guida della coalizione, il proprio destino. Le ho ricordato i presupposti con cui il Pd era nato: portare le scelte politiche all’esterno, coinvolgere i cittadini come nel caso delle primarie. E questo lo avrebbero dovuto fare anche in Sardegna.

Rimane però il fatto che il campo progressista spaccato non abbia molte chance di vincere. 

Considero sbagliato il ricatto sentimentale per cui così rischiamo di perdere e di lasciare la Regione in mano alla destra per altri cinque anni. Come ho già avuto modo di dire, è con questa alleanza romana 5s e Pd che si lascerebbe il governo della Sardegna alla destra e si finirebbe per ripetere questa esperienza disastrosa. La responsabilità che ci siamo presi è quella di costruire una coalizione sarda per un progetto per la Sardegna capace di spiegarsi agli elettori sardi. Una alleanza in parte fuori dagli schemi, alternativa alla destra. 

Lei di recente ha fatto numerosi riferimenti positivi al Piano di rinascita. Liberu – che fa parte della sua coalizione – invece ha organizzato oggi un incontro a Sassari dal titolo abbastanza eloquente: “Il golpe di Ottana”.

Mi sarebbe piaciuto andarci e concordo. Io parlo del Piano di rinascita come di un caposaldo della storia politica ed economica della Sardegna con un grande momento di partecipazione politica, di spinta ideale, di speranza. Il piano però è diventato una parte di un progetto più ampio di industrializzazione del mezzogiorno da parte dello Stato, penalizzando le idee sarde di una maggiore presenza di sviluppo endogeno legato alle risorse naturali e alle competenze di cui disponiamo, alle attività economiche più tradizionali. Un conto è la spinta ideale, un conto sono i risultati. E se pensiamo proprio a Ottana, rimane una profonda tristezza per come ci sia stato un momento in cui eravamo totalmente in balia di avventurieri e speculatori che non avevano a cuore gli interessi dei sardi. 

A proposito di speculazioni, uno dei temi più urgenti nella politica sarda è quello relativo alle servitù energetiche, pur nella necessità di portare avanti la transizione verde. 

Sole, vento, acqua sono delle risorse che non sapevamo di avere in passato. L’avanzamento tecnologico ci ha posto davanti a una sorpresa positiva: quegli elementi sono sempre più utilizzati per produrre energia pulita, poco costosa e rinnovabile. Fra pochi anni le tecnologie saranno più efficienti e sarà ancora più facile produrre energia. Queste risorse devono essere a disposizione non del più veloce, del più furbo o più forte, ma dell’intera comunità sarda per ridurre o addirittura azzerare i costi delle bollette e rendere più competitive le imprese. Dobbiamo beneficiarne noi. Non è giusto che Sardegna faccia una sua parte smisurata per soddisfare esigenze energetiche nazionali e farci carico dell’intero paese. Si tratterebbe dell’ennesima servitù utile a interessi esterni e la pagheremmo con condizioni paesaggistiche e vincoli rispetto a possibilità di sviluppo diverse che le comunità hanno immaginato per loro stesse. 

Parliamo di programma. Il Pd ha presentato una bozza e l’ha messa a disposizione della candidata. Lei?

È da tre mesi che sto rendendo pubblico il programma e ci stiamo lavorando in migliaia, con discussioni pubbliche e con tutte le persone che hanno contribuito ad alimentare il dibattito. Nel 2004, ricordo, abbiamo scritto un programma alla luce del sole e abbiamo garantito la sua esecuzione con l’attività della Giunta e in Consiglio. 

Quali sono gli argomenti chiave?

Uno è la transizione verde. Faremo la legge sul sistema integrato dei rifiuti e l’economia circolare, grazie alla quale tutti gli scarti di lavorazione e le attività di consumo di famiglie e imprese possano essere riusate con l’ obbiettivo entro il 2030 di fare della Sardegna un’ isola circolare Il piano di assetto idrogeologico va aggiornato e il piano paesaggistico delle zone interne va terminato e approvato. Se lo avessimo già avremmo subito gli strumenti per contrastare i tentativi di nuove servitù. Nei primissimi mesi bisognerà varare la legge urbanistica e di governo del territorio. Gli investimenti che abbiamo fatto sulla crescita e lo sviluppo del patrimonio forestale non sono state spese di assistenzialismo, ma interventi lungimiranti. Il contributo che danno alcuni territori nella cattura del co2 ha un valore economico importantissimo di tutela ambientale. L’Isola col suo patrimonio forestale e lo scarsissimo impatto industriale ha il bilancio più positivo in Italia e questo deve esserci riconosciuto anche sul piano economico, a vantaggio delle nostre zone interne. L’ infrastruttura più importante su cui lavorare immediatamente è quella dell’ istruzione e del sapere per costruire una conoscenza legata alla conoscenza diffusa. Necessaria per consentire tutto questo rendere effettiva la transizione digitale avendo presente anche le opportunità della Ai generativa.

La situazione della sanità in Sardegna è drammatica, come quella delle diseguaglianze sociali.

Un’Isola più inclusiva deve migliorare il sistema sanitario, avere cura delle difficoltà di chi ha bisogno di assistenza e prevenire i bisogno di salute. Rimettiamo al centro i malati e investiamo nelle risorse umane, medici e personale sanitario in generale. Puntare sulla sulla medicina di prossimità territoriale nel dialogo con quella ospedaliera. La riforma più importante non è cambiare l’organizzazione, ma far funzionare veramente quella che c’è. Sulla povertà: nessun uomo e nessuna donna deve essere considerato uno scarto della società. La regione che immaginiamo è quella in cui ognuno debba essere incluso in un progetto di benessere diffuso e di crescita per il futuro. Bisogna lavorare perché povertà ed esclusione sociale non siano passate da una generazione all’altra come una eredità. Poi pensiamo anche a una rivoluzione nel sistema dei trasporti, cambiando la geografia della Sardegna attraverso reti ferroviarie, infrastrutture stradali, nuove tecnologie di trasporto. Occorre anche rinegoziare con lo Stato queste competenze, anche sulla continuità territoriale.

Poi c’è il tema del Pnnr: nell’Isola arrivano un mucchio di soldi che vanno spesi bene.

Non solo: tra Pnnr, risorse europee ingenti per essere tornati nell’Obiettivo 1, fondi nazionali, transizione energetica abbiamo a disposizione tra i nove e i dieci miliardi. Ci sono anche i soldi non spesi dalla Giunta Solinas nella programmazione precedente. Abbiamo quattro anni per investire e c’è da preoccuparsi per la quantità di fondi e il breve tempo a disposizione. Le opportunità sono enormi. Questo deve essere il momento della seconda autonomia.

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