“Le mie scuse a tutti i dipendenti regionali”. Lo scrive in una nota l’assessore al Turismo, Gianni Chessa, dopo la bufera per le sue parole dette durante un incontro pubblico. Intanto da partiti e sindacati sono arrivati comunicati stampa. Sono state anche chieste le dimissioni dell’esponente della Giunta.
La lettera di Chessa comincia così: “Scrivo queste righe per rappresentare a tutti i dipendenti della Regione Sardegna il mio profondo rammarico per le parole che ho utilizzato nel corso della seduta del Consiglio Comunale del Comune di Dorgali dello scorso 19 aprile. Nutro il massimo rispetto per i dipendenti della Regione e, specificamente, per quelli del mio assessorato, e sono consapevole dei sacrifici e disagi ai quali si sono sottoposti soprattutto nel corso dell’ultimo anno. Le mie parole erano il frutto non di un mancato riconoscimento del lavoro svolto, ma della frustrazione nel continuare a vedere che, a causa della pandemia, gli uffici sono costretti a lavorare sempre in un regime di emergenza, ciò che comporta necessariamente (ma per cause che non dipendono dall’impegno dei dipendenti) un rallentamento della macchina amministrativa e, quindi, l’impossibilità di raggiungere tutti i risultati che, come Giunta e come Assessorato avevamo programmato. Mi rendo conto che le mie parole sono risultate fuori luogo. Chi mi conosce sa che è nel mio carattere utilizzare spesso espressioni simboliche e colorite, per enfatizzare i miei discorsi. In questo caso, lo riconosco, è venuto fuori un pensiero che non mi appartiene e pertanto ribadisco a tutti le mie scuse”.
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Così i Progressisti: “Se la macchina amministrativa è andata avanti, con tutte le difficoltà del caso dovute alla pandemia, è grazie al lavoro quotidiano di chi ha svolto le proprie mansioni anche con il lavoro a distanza. Risultati raggiunti realmente, non le bugie raccontate con comunicati e annunci dalla Giunta e dal Presidente. Se l’obiettivo delle dichiarazioni dell’assessore durante il Consiglio comunale di Dorgali era invece quello di migliorare la strada verso l’approvazione della legge sul poltronificio in discussione in Consiglio regionale, è necessario ricordargli che non è bene sputare sul piatto in cui si mangia: gli assessori passano, i lavoratori restano. E se usufruiscono dei buoni pasto è perché, a differenza di alcuni direttori generali, non fanno parte di quella cerchia ristretta di “amici” che possono avere accesso ai pranzi esclusivi di Sardara. La produttività delle dipendenti e dei dipendenti regionali non è in discussione, sono invece inesistenti le capacità, la professionalità, le competenze, lo stile, l’educazione istituzionale, la capacità di lavoro della giunta e del Presidente. Per non parlare della conoscenza e del rispetto delle leggi e delle regole”.
Nel primo pomeriggio avevano preso posizione anche i sindacati della Funzione pubblica, Cgil Fp, Uil Fpl, Sadirs, Siad e Sdirs, scrivendo: “Solo le pubbliche scuse dell’assessore Chessa potrebbero restituire un po’ di dignità al ruolo che occupa, tuolo che con le sue parole ha gravemente offeso. Altrimenti si dimetta, o venga revocato dal Presidente della Giunta”. Le scuse sono appunto arrivate. Le sigle dei lavoratori avevano detto ancora: “L’esercizio del lavoro a distanza necessita di una cultura manageriale avanzata e al passo con i tempi, occorre provvedere all’assegnazione e alla verifica costante degli obiettivi, e procedere alla preventiva azione formativa nei confronti del personale, incluso quello dirigente. E’ perciò del tutto fuorviante, illusorio e privo di riscontri l’assunto che solo il personale in presenza produce mentre quello che opera a distanza non lavora, basta citare ciò che ha dichiarato in diverse sedi il Dg del Personale, dando atto della crescita della produttività, a
seguito dell’applicazione del lavoro a distanza”.