Soru “indisciplinato” e pungente, Todde composta e tranquilla. Truzzu invece assente: inizialmente era collegato da remoto ma alla fine il sindaco di Cagliari non ha partecipato al dibattito nella sede di Confcommercio Sud Sardegna. Il motivo lo ha spiegato poco dopo il portavoce: “Durante il viaggio verso Nuoro per alcuni appuntamenti elettorali si è collegato alle 15. Si è fermato a bordo strada con l’auto per non avere problemi di linea nel collegamento. Ma non è mai stato chiamato dal conduttore. Perciò, ha dovuto riprendere il viaggio, così da non ritardare troppo con la serie degli appuntamenti”. Così alla fine il confronto pubblico tra tre dei quattro candidati alle Regionali del 25 febbraio si è trasformato in un duetto Renato Soru-Alessandra Todde tutto interno al centrosinistra (per quanto diviso alle urne).
Il leader della Coalizione sarda e la candidata del Campo largo hanno risposto a domande su continuità territoriale, energia, commercio, spopolamento e cultura. L’ex governatore insofferente sulla modalità scelta per il dibattito – condotto dal giornalista Luca Telese – con i due candidati che rispondevano a turno alle domande del giornalista, senza – secondo il fondatore di Tiscali – incrociarsi mai davvero. “Non credo che discutere sia una corrida – ha detto Soru -. Non sono interessato a duellare ma a confrontarmi. Se non va bene andiamo avanti. Credo che il confronto debba aiutare a spiegarsi, non a raccontarsi”.
Soru più battagliero e polemico, Todde cercava di esporre il suo programma senza affilare troppo le armi. Si è visto anche alla fine, quando Telese ha chiesto se dopo le elezioni ci fosse la possibilità di collaborare. “Renato ha scelto una strada, io un’altra – ha detto lei -. Io mi confronto sulla realtà delle cose, in concreto. Truzzu però a lavorare con me non lo prenderei proprio”. Invece Soru: “Se vincessi io lei tornerebbe a fare la parlamentare a Roma. Ha già un prestigioso incarico da portare avanti” (ma lei: “Ti darò una delusione”). Piccole schermaglie che diventano scontro acceso sul tema dell’energia, quando Soru attacca sul “decreto Draghi” che – secondo l’ex presidente della Regione – avrebbe aperto le porte alla speculazione energetica e all’attuale far west sulle rinnovabili nell’Isola. “L’idea era che occorresse rispondere alle esigenze europee sulla transizione energetica: l’installazione di mega-impianti fotovoltaici ed eolici aveva interesse pubblico e potevano essere realizzati in attesa dei piani nelle singole regioni, perché con criteri di indefferibilità e urgenza. Questo ha aperto la strada a espropri fuori da ogni controllo, a progetti approvati dal ministero senza che la Sardegna potesse dire nulla. L’interesse non è quello di abbattere il costo delle bollette ma raggiungere il target energetico prefissato. E i sardi sono stati penalizzati”.
Todde parla di Sardegna “sotto attacco. Dobbiamo essere pratici e pragmatici: la questione dell’energia riguarda noi e le nostre imprese. L’obiettivo è quello di pagare meno le bollette: ora le paghiamo il 30 per cento in più e questo ci pone in una posizione di svantaggio. Dobbiamo creare una società energetica regionale: altri lo hanno fatto, come il Trentino, e bene”. La candidata del Campo largo sulla continuità territoriale invece attacca il “mito della tariffa unica, che ci ha fatto perdere tempo e portati a prendere una strada sbagliata”. Propone un modello misto a seconda della stagione, favorendo la competizione in alta stagione – in modo da abbattere i prezzi – e intervenendo con sussidi in bassa. “Solinas si è vantato di aver risparmiato 12 milioni sulla continuità territoriale. Ora si capisce perché i servizi sono conseguenti”. E poi propone aiuti sociali per chi viaggia per salute, per lavoro e per studio. “Il diritto alla mobilità sottende ad altri diritti”.
Sullo spopolamento invece Soru propone un modello di città diffusa, città ambientale divisa in più centri in cui le tecnologie giocano una parte importante e la transizione ambientale può portare a nuove opportunità di lavoro. “Cosa trattiene le persone nelle aree interne e nei piccoli centri? Il lavoro. Ci sono persone cresciute con abitudini diverse dalle nostre e vogliono vivere nei paesi. Ma se c’è un buon lavoro, ben retribuito. Se ci sono servizi vicini, sanità in primis. I paesi vanno visti come arcipelaghi, maggiormente connessi. Si può lavorare bene a distanza e i lavori possono essere distribuiti grazie alle nuove modalità di telelavoro”. E pure la transizione ambientale può dare un contributo ai piccoli centri secondo Soru. “La forestazione, ad esempio, spesso vista come fonte di assistenzialismo. Le nostre foreste catturano co2 e la trasformano in ossigeno. I carbon credit non vengono ancora sfruttati: in Sardegna c’è una azienda che ne compra per 300 milioni per compensare l’inquinamento che produce”.
A.T.