Regionali, appello dei comitati ai candidati: “Sanità allo sfascio, ecco le nostre proposte”

Le lunghe liste di attesa per le visite specialistiche e per gli accertamenti diagnostici comportano il ricorso a visite a pagamento o la rinuncia alle cure. Oltre il 20 per cento dei sardi rinuncia a prestazioni sanitarie e cure mediche. L’ultimo rapporto Crenos la Sardegna riporta la percentuale più alta di rinuncia alle cure tra le regioni italiane ( 18,3 per cento nel 2021), dato destinato ad aumentare. E’ uno dei temi su cui insiste il Coordinamento per la sanità pubblica in Sardegna, che ha presentato un documento da sottoporre alle forze politiche in vista delle Regionali. L’analisi è stata presentata ieri durante una conferenza stampa coordinata dal responsabile alla comunicazione Antonello Delogu e condotta insieme al responsabile del gruppo studio, Francesco Carta, insieme ai portavoce del Sud e del Centro Sardegna Giancarlo Nonis e Rosanna Carboni e a Gisella Trincas e Alfio Desogus, che hanno rappresentato il problema della salute mentale e dell’apparato amministrativo della sanità.

Il documento del comitato traccia gli indirizzi per ritornare ad una sanità pubblica e a misura di cittadino, ed è il messaggio che il Coordinamento offre ai decisori politici e a chi si candida a governare la regione nelle prossime settimane. “Pur non schierandosi con nessuna formazione politica, il Coordinamento mette a disposizione questo strumento di dialogo e confronto, auspicando che una politica coraggiosa e con una visione della sanità che sia pubblica per davvero, possa incarnare le nostre istanze e i nostri indirizzi”, si legge in una nota. “Abbiamo già partecipato, in quanto invitati, a manifestazioni politiche in queste settimane, e abbiamo come unico obbiettivo vedere il maggior numero possibile delle nostre richieste dentro i programmi di governo per la Sardegna”.

Tra i numerosi punti sottolineati dal comitato c’è anche l’aumento della migrazione sanitaria extraregione. Poi la collocazione della Sardegna agli ultimi posti per i livelli essenziali di assistenza (Lea), tra cui spicca spesso la indisponibilità dei dispositivi o sussidi e protesi. La carenza di centri dialisi nelle strutture pubbliche. La grave riduzione delle piante organiche nella sanità pubblica. La grave carenza di personale infermieristico e operatori socio sanitari. Il blocco del turnover del personale. La carenza di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale, medici specialisti, infermieri e operatori delle professioni sanitarie. “In Sardegna mancano circa 500 medici di medicina generale su un totale di 1.200 previsti – prosegue il comitato -. Molti Comuni e territori sono senza assistenza di base. Molti punti di continuità assistenziale (ex guardia medica) sono scoperti, anche in capoluogo di provincia. Il permanente peggioramento delle condizioni di lavoro del personale sanitario. La riduzione dei posti letto negli ospedali e la graduale chiusura di reparti specialistici a causa della mancata sostituzione del personale. L’insostenibile sovraccarico dei pronto soccorso e dell’emergenza-urgenza che ne determina la crisi.”

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