Primo maggio, giornata di lotta in Sardegna per il lavoro (che non c’è)

Anche quest’anno il Primo maggio in Sardegna sarà una giornata di lotta per l’occupazione, con tante vertenze ancora aperte. “Ma a differenza degli ultimi 7-8 anni, da quando più o meno è iniziata la crisi industriale, per la prima volta – sottolinea la Federazione metalmeccanici della Cisl – aumentano le aspettative e le speranze per un’inversione di tendenza finalmente positiva”.

Per la Fsm, “le aspettative potrebbero essere maggiormente motivate se ci fosse un’amministrazione regionale, dopo quelle decisamente fallimentari degli anni scorsi, più attenta e protagonista sulle principali questioni industriali che attanagliano la nostra Isola”. Quindi, “se la politica non saprà mettere al primo posto della propria agenda politica il lavoro, non potrà esserci futuro per il popolo sardo”.

In particolare la Cisl ricorda la vertenza dei beneficiari di ammortizzatori sociali in attesa delle indennità da oltre un anno, quella della Keller, “ormai una delle pochissime produzioni di manifatturiero puro che urla vendetta per la scarsa attenzione avuta in questi anni”, e quella più conosciuta sul piano mediatico dell’ex smelter Alcoa, “a tutt’oggi ancora in attesa di risposte esaustive e definitive per la cessione e il riavvio produttivo”. C’è poi la crisi della ex-Ila i cui lavoratori sono in presidio permanente con le tende da oltre 40 giorni di fronte alla Regione.

“Da preservare e valorizzare – osserva il sindacato – ci sono le eccellenze come l’ex Intermare (Saipem) di Tortolì, unica azienda in Italia dove si costruiscono le piattaforme petrolifere, e la Vitrociset di Capo San Lorenzo, leader per know how e grandi professionalità: queste realtà devono aver riconosciute tutte le condizioni strutturali, infrastrutturali ed economiche per poter continuare le proprie attività produttive e lavorative”.

Come “è indispensabile – avverte la Cisl – fare chiarezza sulla questione inerente gli investimenti dell’Eni a Porto Torres, che potrebbero permettere il rientro di centinaia di addetti a lavoro, sulla centrale E.On in virtù anche dei recenti accadimenti giudiziari, e sulle nuove prospettive di insediamenti industriali nell’ambito del Piano Sulcis”. Infine per la Fsm, “è fondamentale intervenire sulla questione degli appalti che da Sarroch alla Portovesme Srl, fino all’Enel rappresentano l’anello debole della catena e la prima frontiera dello sfruttamento per migliaia di lavoratori”.

Primo a maggio a Nuoro per lanciare, dalle aree interne, un messaggio di riscatto e chiedere quel salto di qualità nelle politiche della Regione che ancora, evidentemente, non c’è stato: il segretario generale della Cgil Michele Carrus sarà in piazza Italia il giorno della Festa del lavoro, per dire che occorre tradurre in risultati concreti quelle azioni annunciate che, seppure apprezzabili, rischiano di vanificarsi perché, nel frattempo, i diversi territori della Sardegna soffrono e subiscono gli effetti di anni di abbandono e di crisi economica e sociale. “Dobbiamo impegnarci, tutti, perché non venga travolto dal malcontento diffuso quel che di buono si fa, perché è evidente che c’è un lavoro di lunga lena da fare e nessuno possiede ricette miracolose – ha detto Michele Carrus – ma per raggiungere gli obiettivi serve più chiarezza e concretezza. Anche nel dialogo con le parti sociali, che può dare i suoi frutti quando è costante, produttivo e non vissuto quasi come una fatica”.

Dobbiamo avere la capacità di intervenire sulle emergenze ma tenendo sempre presente la prospettiva. Perciò la Cgil propone di supportare le politiche attive e di flexicurity messe in campo dalla Giunta, con interventi utili anche a surrogare costruttivamente il taglio degli ammortizzatori sociali fatto dal Governo Renzi, che ha abbandonato al proprio destino quasi 18mila disoccupati in Sardegna, scaricando ogni onere sulla comunità regionale. “Il Piano del lavoro che noi rivendichiamo serve a questo – ha detto Carrus – è un insieme di misure non isolate, interventi integrati che investano le risorse concentrandole su alcuni settori, quelli innovativi, alcune aree, quelle più depresse, e soprattutto sui giovani (le forze più creative e produttive) e sulle donne (ogni nuovo posto di lavoro femminile ne genera un altro nei servizi)”. E poi occorre accelerare gli investimenti pubblici, perché va bene il piano delle infrastrutture predisposto dalla Giunta, ma poi bisogna aprirli davvero i cantieri e creare le condizioni per incentivare gli investimenti privati.

“Questi interventi ancora non ci sono – aggiunge il segretario generale – la prova è certo nei dati economici sempre negativi rilevati da tutti gli istituti di ricerca, ma soprattutto è nei ragionamenti, nelle proteste e nelle proposte che in tutti i territori il sindacato rileva e cerca di tradurre in azioni concrete da proporre alla Giunta”. Da qui il richiamo alla responsabilità di chi governa, perché accolga quelle proposte, magari mettendole in discussione in un confronto costruttivo, e perché interpreti anche i segnali di protesta e malcontento non come un ostacolo, ma come pungolo a fare meglio e di più. In caso contrario è evidente che quei segnali e quel malessere non potranno che sfociare in atti di mobilitazione del mondo del lavoro.

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