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Piano casa 2020, un assalto alle coste: con scusa del Covid è previsto di tutto

1 Dicembre 2020 Attualità, Politica
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C’è anche una norma Covid nel nuovo Piano casa, una norma che diventa il pretesto per aumentare sino al 50 per cento i volumi degli alberghi costruiti oltre i 300 metri dal mare. Con questa scusa, in nome del distanziamento sociale, si potrebbero realizzare hall, sale convegni e spazi comuni. Così risulta dalla bozza di documento che giovedì 3 dicembre il centrodestra al governo della Regione presenterà ad associazioni di categoria, sindacati e ambientalisti. Sarà una maratona da mattina e sera, perché la coalizione di Christian Solinas vuole bruciare le tappe dell’approvazione e arrivare al sigillo finale entro il 31 dicembre, quando scade il Piano casa in parte impugnato dal Governo lo scorso agosto (qui la cronaca).

Il testo di riferimento che ha dato origine all’ultima bozza di Piano è datato febbraio 2020. In quel documento, l’aumento delle cubature per gli hotel è fissato al 30 per cento, contro il 25 attuale. Ma salirebbe appunto al 50 per cento, nel caso di immobili (case o alberghi) realizzati all’interno di lottizzazioni autorizzate prima del 1989 (l’anno della legge urbanistica sarda ancora in vigore) e distanti più di 300 metri dal mare. Per le strutture ricettive dentro la fascia di inedificabilità, ci sarebbe comunque un premio del 25 per cento.

Il centrodestra vuole regalare nuove volumetrie anche alle seconde case realizzate lungo le coste, ovvero la famigerata zona F: se il nuovo Piano casa dovesse passare, ai privati verrebbe assegnato un 30 per cento in più di cubatura, qualora le abitazioni distino più di 300 metri dal mare. L’incremento scenderebbe al 20 per cento dentro la fascia. Anche in questo il premio è condizionato al fatto che l’immobile insista in una lottizzazione che ha ottenuto la licenza edilizia prima del 1989.

Non solo: il centrodestra vuole introdurre una norma che prevede la cessione di cubature. Ovvero una sorta di compravendita della capacità edificatrice. Quindi un proprietario che non vuole ampliare il proprio immobile (o non può per qualunque ragione, anche economica), avrebbe la facoltà di cedere la propria quota al vicino. Purché “i crediti volumetrici“, così sono chiamati nel testo normativo, vengano ceduti all’interno dello “dello stesso edificio o dello stesso complesso edilizio”. Oppure: ricadano all’interno “della medesima lottizzazione o in una limitrofa”, ma “site nella stessa zona omogenea (è la colassificazione urbanistica di un’area)”.

Non è tutto: la corsa al mattone non risparmierebbe le campagne (zone E), finora protette dal lotto minino dei 10mila ettari e dalla clausola edificatoria ammessa solo per gli imprenditori agricoli. Col nuovo Piano casa del centrodestra, invece, il lotto minimo richiesto scenderebbe a un ettaro e senza più l’obbligo di esser coltivatori per poter allineare mattoni. Ancora: tanto in città quanto nelle coste, quindi nelle zone A (centri storici), B (zone di completamento) e C (di espasione), verrebbe accesa luce verde all’incremento volumetrico dei sottotetti. Di più: proprio nei centri storici ci sarebbe ugualmente una possibilità edificativa pari al 25 per cento della volumetria, sino a un massimo di 90 metri cubi. Che salirebbero a 180 in altre parti della città, periferie incluse.

Insomma, una immensa colata di cemento che sembra calcolata: anche ammettendo che Roma impugni nuovamente il Piano casa, passerebbe un lasso di tempo in cui i lavori sarebbero possibili. Solo con il ricorso del Governo scatterebbe la norma più restrittiva. Ma sino a quella data gli aumenti volumetrici sarebbero realizzabili. E senza il rischio di uno stop retroattivo, perché le opere risulterebbero regolarmente autorizzate. Giovedì 3, al termine delle audizioni, si conosceranno le reali intenzioni del centrodestra.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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