di Vito Fiori
Un passo avanti e 15 anni indietro. Il Pd sardo, che sembra non aver capito l’importanza di essere il primo partito della coalizione di centrosinistra che governa la Regione, anziché rinnovarsi, sta pensando al ritorno del deputato Silvio Lai alla segreteria politica dell’isola (c’era già stato dal 2009 al 2012). Certo non un nome nuovo intorno a cui lavorare per ampliare i consensi. Piero Comandini, ormai si tratta di qualche settimana – anche se la questione è stata posta all’indomani della nomina nel palazzo di via Roma, dovrebbe lasciare il suo ruolo di segretario perché incompatibile con quello di presidente del consiglio regionale. Ovunque sarebbe stato un passaggio normale, uno lascia e uno gli subentra. Ma nel caso del Pd tutto si complica. La corrente riformista, che fa capo ad Antonello Cabras e che aveva opposto Giuseppe Meloni a Comandini (allora sostenuto dagli altri ras del partito – Renato Soru, Paolo Fadda e Tore Cherchi) nel febbraio del 2023, oggi rivendica la segreteria sulla base del successo alle regionali in cui sono stati ben sette su undici i consiglieri del gruppo eletti in consiglio. Un rapporto di forza che non ammetterebbe repliche. Semmai è il modo con cui si sta affrontando il problema a creare qualche grattacapo di troppo.
Intanto perché Comandini – dice sottovoce un consigliere – ha le mani legate: “Stiamo ingoiando tutte le decisioni della presidente Alessandra Todde. Sulle aree idonee non siamo stati ascoltati, sulla sanità ancora meno. Ha nominato il liquidatore dell’Ats senza coinvolgerci. In pratica siamo costretti a ratificare ogni provvedimento senza poter aprire bocca. Ma se il segretario non può farlo in questo momento, è naturale che ci sia il ricambio, e poi il doppio incarico non andava bene a prescindere, avremmo dovuto risolverlo da tempo se Comandini non si fosse arroccato. Abbiamo contestato Pais in ogni seduta della scorsa consiliatura perché era segretario regionale della Lega, e ora la stessa rogna ce l’abbiamo in casa. Non va bene, Credo che Silvio Lai possa ridare un po’ di dignità al partito”.
Punti di vista, che dovranno adesso confrontarsi con gli umori della base democratica. Lai ha sostenuto Stefano Bonaccini nella corsa alla segreteria nazionale, mentre i giovani del Pd erano e sono tuttora schierati con Elly Schlein. Difficilmente incasseranno tutto senza farsi sentire. E non saranno solo loro a contestare Lai, politico navigato, uomo dai mille rapporti, riesce sempre a rimanere a galla. Eletto nel 2013 in Parlamento, si ricandida nel 2018 ma è sconfitto. Quattro anni dopo riesce a ottenere il posto di capolista nella lista Pd e a tornare a Montecitorio. Ora di nuovo alla guida del Pd, con l’ingrato compito di restituire al partito quel ruolo di rilievo che il gruppo consiliare e gli assessori chiedono da un pezzo. E pensare che qualche mese fa la Todde era preoccupata che il M5s venisse fagocitato da Pd. Le posizioni, a sentire gli umori interni al Pd, si sono invertite.