Ase. Agenzia sarda delle entrate. Due milioni di costo annuo, è la stima. Obiettivo: riscuotere direttamente i tributi regionali, ma anche incassare la compartecipazione delle imposte statali saltando il passaggio dei soldi che prima finiscono a Roma e poi vengono rigirati alla Regione. Il 10 luglio scorso la giunta di Francesco Pigliaru ha messo il sigillo “sull’adozione preliminare”, spiega Raffaele Paci, il vicepresidente dell’Esecutivo e assessore alla Programmazione che in questa intervista fa il punto sull’iter da seguire per rendere operativa l’Ase.
Assessore, l’Agenzia sarda delle entrate ai nastri di partenza con l’adozione preliminare. Ci sono già problemi?
Assolutamente no. La scelta di procedere solo con una prima adozione è nata per permettere ai cittadini di contribuire all’istituzione di un’Agenzia così importante. Dal 14 luglio, e per due settimane, la delibera di Giunta è online sul sito Sardegnapartecipa.it (ecco il documento), dal quale si possono inviare proposte aggiuntive o correttivi. Le mail sono continuamente monitorate, in modo da analizzare subito i suggerimenti e procedere, entro la fine del mese, all’approvazione definitiva.
Cosa cambierà con l’Ase?
La Regione potrà incassare direttamente i cosiddetti tributi propri, ovvero l’Irap (tasse alle imprese) e le concessioni (per esempio sui litorali). Per quanto riguarda le imposte devolute, cioè quelle statali ma sulle quali la Sardegna ha diritto alla compartecipazione in quando regione a statuto speciale, puntiamo a un accordo con lo Stato per saltare il passaggio a Roma e riscuotere subito le quote che ci spettano.
Lo Stato quindi deve ancora dire sì?
Ci mancherebbe. Sulle imposte devolute lo Stato ha potestà legislativa.
C’è il rischio che a Roma boccino il vostro disegno di legge?
L’Agenzia regionale delle entrate esiste già in Friuli e in Trentino. Ovvio che il Governo è libero di trattare la Sardegna in modo diverso e negarci l’Ase. Ma non vedo la ragione. Roma, come è giusto che sia, guarda alla conformità legislativa della proposta e l’Ase è perfettamente in linea coi i poteri che possono essere assegnati a una regione con specialità statutaria.
Oggi come funziona con le imposte devolute?
I sardi le versano all’Agenzia nazionale delle entrate che, a sua volta, le rigira al ministero delle Finanze, il quale, dopo le opportune verifiche, restituisce alla Regione 9/10 di Iva e 7/10 di Irpef e di Ires.
Materialmente come si può saltare il passaggio a Roma?
Prevedendo per Iva, Irpef e Ires un codice tributo specifico, col quale distinguere, per ciascuna delle imposte devolute, la quota che deve restare in Sardegna e quella che invece va allo Stato. Così funzionano le agenzia regionali del Friuli e del Trentino.
Cos’altro serve?
La volontà politica.
Di chi?
Della Regione e del Governo, in un’ottica pattizia. Ma ripeto: con l’Ase per lo Stato non cambia assolutamente nulla in termini di gettito riscosso dalla Sardegna.
I sardi cosa ci guadagnano?
Da un punto di vista conoscitivo, la Regione potrà migliorare, anche nell’immediato, l’andamento dei tributi.
L’utilità qual è?
Poter redigere bilanci di previsione sempre più precisi.
E contro l’evasione fiscale?
Ovvio che una maggiore attività di vigilanza e controllo aiuta una pubblica amministrazione a monitorare anche gli evasori.
L’Agenzia nazionale delle entrate ha calcolato l’evasione specifica sulla Sardegna?
Non abbiamo dati in questo senso. Sappiamo solo che la Sardegna è purtroppo in linea col trend nazionale: in tutto il Paese l’evasione fiscale è un problema. E ogni tributo non versato è un danno fatto ai cittadini onesti che le tasse le pagano per avere servizi, di cui si avvantaggiano anche gli evasori.
Cosa succede dopo che la Giunta approva la delibera dell’Ase?
La trasmettiamo immediatamente al Consiglio regionale.
Prima ci sarà l’esame in commissione Bilancio, poi il voto in Aula. Tempi?
I tempi non li posso governare io.
Non ha paura di questo Consiglio che si sta rivelando lentissimo?
Ci auguriamo tutti che l’Assemblea approvi rapidamente il disegno di legge. Che, lo ribadisco, è aperto al contributo di tutti.
Ce la farete a partire dal 1° gennaio 2016?
È il nostro auspicio. Sull’Ase esiste un’ampia condivisione, essendo prevista nel programma elettorale del centrosinistra. Certo: sui dettagli è bene che si discuta. Così come sono utili e consigliate le proposte di correzione.
Tra gli obiettivi dell’Ase c’è il supporto alla finanza locale. In che modo?
Come stabilisce il decreto legge numero 70 del 13 maggio 2011, dalla fine del 2015 i Comuni non potranno servirsi più di Equitalia per incassare i tributi. La riscossione dovrà essere affidata ad altre società. L’Ase, in questo senso, potrà fornire supporto tecnico agli enti locali, specie a quelli più piccoli che avrebbero difficoltà anche solo a bandiere le gare di appalto. L’Ase lavorerebbe in sinergia con la Centrale regionale di committenza, ovvero il centro unico di acquisto sul quale sta lavorando l’assessorato agli Enti locali.
La spesa stimata per istituire l’Ase è di due milioni. Ovviamente a carico della Regione. Ne vale la pena?
Oggi solo per la convenzione con l’Agenzia nazionale delle entrate, la Regione spende 700mila euro. Tuttavia, quei due milioni comprendono il costo dei venti dipendenti, oltre a quello del direttore generale e del revisore dei conti. Nulla, però, ci impedisce di reclutare il personale tra quanti sono già impiegati nella pubblica amministrazione. E mi riferisco per esempio ai lavoratori delle Province.
Per tornare alla possibilità che lo Stato si metta di traverso. Può succedere che l’Ase venga bocciata perché alla Sardegna è già stata concessa la cancellazione dei vincoli di spesa sul patto di stabilità?
L’Ase non apre un contenzioso con lo Stato, ma si limita a stabilire una diversa modalità di riscossione. Sul gettito l’accordo è pieno. La Giunta, come stabilito nell’intesa con Roma, sta ultimando di scrivere le norme di attuazione relative all’articolo 8 dello Statuto, quello che fissa i criteri per calcolare al centesimo le entrate tributarie spettanti alla Sardegna.
Quando contate di finire?
A fine mese.
Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)