COLLOQUI PRIMA DEL VOTO / MURGIA: “Né Pd, né Pdl. Andiamo da soli”

Le notizie di questo colloquio di fine campagna elettorale sono due. La prima è che Michela Murgia è convinta di poter vincere, cioè di arrivare prima, e comunque almeno seconda. L”altra è che non prende in alcuna considerazione la possibilità di alleanze. Non col centrodestra, ma nemmeno con centrosinistra di Francesco Pigliaru.

Il colloquio avviene per telefono mentre Michela Murgia – tra una tappa e l’altra del suo infinito tour per l’Isola – sta mangiando un panino assieme ai ragazzi dello staff. Ma è, in realtà, il seguito di una lunga serie di colloqui avvenuti in questi mesi e cominciati ancora prima della decisione di candidarsi: “avvertimento al lettore” per chiarire che la ricostruzione di questa chiacchierata ha in sé frammenti di discorsi precedenti.

E ha presente, almeno in parte, un percorso di mesi. Durante i quali la determinazione di Michela Murgia è cresciuta progressivamente. E ora, a pochi giorni dal voto, pare proprio essere al culmine. Infatti si fa una certa fatica a parlare di quella che comunemente viene intesa come politica (le alleanze, per esempio) e che per la Murgia non lo è.

La politica, per lei, è il panino che sta mangiando nel mezzo di una giornata faticosissima, sono i chilometri percorsi, sono le mani strette in tutti i paesi dell’Isola. E’ aver lavorato per quella che chiama”‘comunità di destino”. Sono gli sguardi (che lei definisce ‘invidiosi’) di certi militanti del Pd che vedendola all’opera le dicono ‘così dovrebbe fare il partito’. E’ una campagna elettorale fatta con poche risorse, molti sacrifici, senza alcun sostegno economico se non quello delle collette dei militanti e dei contributi dati dai candidati.

Politica, naturalmente, è il programma di governo di “Sardegna Possibile”, sintesi  efficace che – per inesperienza e ingenuità – non si è tradotta in un simbolo presente nella scheda. Dove i lettori troveranno, oltre al nome della candidata, le civiche “Gentes“ e “Comunidades” e ProgRes, Progetu Republica Sarda, il partito del quale la Murgia è uno dei fondatori.

Si fa quindi una certa fatica in questo colloquio a restare sulla politica politicante perché immancabilmente, tutte le volte che ci provi, vieni travolto dai “micromodelli”, dagli investimenti sulla scuola, dal formaggio di Arborea che deve passare per Genova e poi per Gioia Tauro, etc etc.

Ma non è un modo per cambiare discorso ed eludere il problema. Al contrario. E’ un modo per introdurre un concetto che nel corso del colloquio tornerà più volte: nessuna possibilità di alleanze. Nemmeno col centrosinistra. Non solo per via di una pessima considerazione del Pd e delle sue correnti (delle quali, secondo la Murgia, Pigliaru è, e resterà, “ostaggio”), ma anche a causa di “una visione totalmente diversa del futuro della Sardegna”.

“Vorrei che fosse vero – dice – che Pigliaru è in grado di mettere in scacco i capibastone del Partito democratico. Non ci riuscirà. Anche Soru alla fine è stato totalmente normalizzato e Francesca Barracciu è stata trucidata sulle scale del Palazzo della Regione. Io so benissimo cosa sostengono i dirigenti de Pd nei territori, so che in Ogliastra difendono la base di Quirra e nell’Oristanese le trivelle… Insomma, ammesso che Francesco sia di sinistra, vogliamo cose diverse. Abbiamo progetti alternativi, la mio non è la versione 2.0 del centrosinistra”.

Ecco, lei probabilmente lo negherà, ma mettendo a confronto l’ultimo colloquio con i primi, l’impressione è che le posizioni di Michela Murgia nel corso della campagna elettorale si siano radicalizzate. E che la prospettiva indipendentista, che all’inizio pareva soprattutto una ‘idea forza‘, un orizzonte, abbia assunto un ruolo centrale. Come se fosse diventata più urgente.

Certamente su questo colloquio pesa l’imminenza delle elezioni che fisiologicamente obbliga alle semplificazioni e ai discorsi tagliati con l’accetta. E pesa anche il fastidio per i frequenti richiami al “voto utile” e i tentativi di far passare l’idea che chi vota Michela Murgia favorisce Cappellacci, accreditata anche da Matteo Renzi col discorso attorno alla ‘coscienza’ salvata dal voto alla Murgia e la Sardegna salvata dal voto a Pigliaru.

Ma è un problema che viene ancora da più lontano: “In questi mesi non ho avuto dal Partito democratico alcun tentativo di contatto ufficiale. Ma a un certo punto, forse perché hanno visto i sondaggi, hanno cominciato a parlare di voto utile. E Cappellacci, che ugualmente li ha visti, ha cominciato ad attaccarmi con violenza. La verità è che noi stiamo lavorando da sette mesi, abbiamo creato un movimento che nasce dal basso, ed è incredibile che ci chiedano ‘passi indietro’ come se potessimo tradire le persone che hanno creduto e credono in noi”.

Si arriva, finalmente, a ragionare su scenari diversi da quello della vittoria di “Sardegna Possibile”. Cioè la vittoria di Cappellacci (“La Sardegna vedrà cosa significa avere una forza di opposizione”) o quella di Pigliaru. Il quale , considerando la modestissima maggioranza garantita dalla legge elettorale, potrebbe anche cercare voti e collaborazione all’esterno del centrosinistra.

“Certo – è la risposta – non faremmo (è condizionale, non un refuso sul verbo futuro) un’opposizione tanto per farla. Su specifiche questioni  potremmo anche trovare dei momenti di convergenza. Ma, ripeto, abbiamo idee e visioni totalmente diverse. Credo che se non vinceremo noi la legislatura avrà vita breve. Con Cappellacci e i suoi rinvii a giudizio ancora più breve. Poi toccherà a noi”.

G.M.B.

(Domani il “colloquio prima del voto” con Francesco Pigliaru)

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