Muledda (RossoMori): “Due passi falsi della Giunta. Potremmo andarcene…”

Gesuino Muledda, leader-fondatore dei RossoMori, attacca Paci sulle zone interne e la Spano sul caso di Santo Stefano. “Il presidente Pigliaru rifletta”, dice.

Gesuino Muledda non ci sta. “Siamo a due in pochi giorni”, dice il presidente dei RossoMori riferendosi prima alle dichiarazioni dell’assessore Paci sull’assetto delle zone interne, poi al pasticcio in Regione intorno all’ampliamento del pontile di Santo Stefano. Quanto alla prima questione “è successo che l’esponente della Giunta – sostiene Muledda – ha pubblicamente considerato normale il declino dei Comuni più piccoli, sino alla loro completa sparizione. Per quel che riguarda Santo Stefano – di cui ha dato notizia Sardinia Post -, la linea politica del presidente Pigliaru  è stata platealmente disattesa dall’assessorato all’Ambiente che ha avallato l’intervento dopo il pubblico e noto impegno di Pigliaru sulla riduzione delle servitù militari in Sardegna. I rapporti all’interno della coalizione sono di estrema sofferenza”. Muledda non esclude che i RossoMori possano uscire dalla maggioranza.

Presidente Muledda, la situazione è così grave?

Sono in qualche modo costernato. Rilevo che, contrariamente a quanto sottoscritto dal centrosinistra in campagna elettorale e successivamente condiviso nel programma di coalizione, l’assessore Paci ha dichiarato che, in una fase storica come questa, è naturale la morte di alcuni Comuni. Lo ha detto in un convegno ad Austis. Ma ha confuso il ruolo della Regione con quello di una multinazionale qualunque dimostrando scarsa consapevolezza politica. I RossoMori, invece, credono che un’istituzione debba fare tutti gli sforzi perché nessun piccolo centro scompaia. E anzi: la Regione ha il dovere di favorire la coesione tra le comunità a rischio”.

Per completezza d’informazione: ad Austis Paci ha detto che, davanti alla scarsità delle risorse finanziarie, bisogna dare servizi dove ci sono i cittadini.

Paci è un economista, liberista e darwiniano. Ma allora non faccia l’assessore, ché è un altro mestiere. Partecipi ai convegni dove la sua posizione può trovare consenso, ma non stia in Giunta. Mi preoccupa che con le sue teorie contribuisca a formare il futuro ceto dirigente della Sardegna. Noi riteniamo che ci sia bisogno di ben altro.

Lei una soluzione contro lo spopolamento delle zone interne ce l’ha?

I RossoMori ne hanno suggerita una attraverso l’ultima manovra finanziaria. Abbiamo proposto che le ingenti risorse a disposizione dell’assessorato ai Lavori pubblici e concesse a pioggia finendo in mille rivoli, venissero raccolte in un fondo da destinare al recupero dell’edilizia pubblica in tutte le zone a rischio spopolamento. L’emendamento è stato respinto con sdegno dalla Giunta. Eppure un simile investimento può favorire la filiera del settore, creando occupazione diffusa.

Quale senso c’è nel garantire una casa dove poi lo Stato smantella le caserme dei carabinieri o impone la chiusura delle scuole con pochi studenti?

Ribalto il punto di vista: non è possibile che si investa in servizi solo dove ci sono i cittadini, come sostiene Paci; è necessario spendere anche per far ritornare le persone nelle aree più periferiche. Noi RossoMori non siamo né darwinisti né rassegnati. Noi crediamo che la qualità ambientale sia la prima risorsa della Sardegna e vada difesa con interventi pubblici. E a costi tutto sommato ridotti, visto che nelle zone interne l’ottanta per cento delle terre sono pubbliche.

In maggioranza non ne avete mai discusso di spopolamento?

Non è che la coalizione abbia avuto molte occasioni per confrontarsi. Dico di più: l’approccio progressista al tema è stato dato per scontato. Invece oggi ci ritroviamo con un esponente della Giunta che rende pubblica la propria linea regressiva.

Nel centrosinistra qualcuno potrebbe accusarla di sollevare il caso delle zone interne proprio adesso che il rimpasto della Giunta si avvicina e i RossoMori rischiano di perdere l’assessorato.

I RossoMori hanno un giudizio più che positivo sul lavoro finora svolto da Elisabetta Falchi all’Agricoltura. Quindi non c’è motivo perché l’assessorato ci venga tolto. Non dobbiamo fare alcuna battaglia su questo. Anche perché quel posto nell’Esecutivo è frutto del nostro risultato elettorale alle Regionali del 2014. Siamo invece nelle condizioni di affermare che i RossoMori non ci stanno a fare nulla in una Giunta neoliberista.

Sta dicendo che siete pronti a uscire dalla maggioranza?

Se la linea della Giunta è questa, non vedo come si possa restare in una coalizione ostile agli interessi che i RossoMori rappresentano. Cioè i diritti dei sardi.

Secondo problema: l’ampliamento del pontile a Santo Stefano per l’approdo della portaerei Cavour. Cos’è che non le torna?

Non ci torna che un assessore, quello all’Ambiente, di totale fiducia del presidente, non si sia reso conto che il parere concesso su Santo Stefano fosse dirimente. Perché il Governo ha chiesto alla Regione di autorizzare un intervento per il quale lo stesso Pigliaru ha espresso contrarietà. In più di un’occasione.

L’assessore in questione è Donatella Spano. Come ha raccontato Sardinia Post, è stata il direttore dell’assessorato, Paola Zinzula, a mettere nero su bianco che l’ampliamento del pontile non richiedeva valutazione ambientale perché non impattante.

Non è un fatto di nomi ma di equilibrio istituzionale.

Per i RossoMori bisogna dare il foglio di via alla Spano oltre che a Paci?

Non diamo fogli di via a nessuno. Ma quanto avvenuto intorno al pontile di Santo Stefano è un argomento sensibile. Che interessa tutti. Se per un anno la richiesta del Governo è stata tenuta sotto il tappeto, vuol dire che negli uffici manca la capacità di controllo da parte dell’assessore. Peraltro: lo scorso agosto, quando vennero fuori le intenzioni della Difesa sul ritorno a Santo Stefano, la Regione disse di non saperne nulla. Viene il dubbio che quella dichiarazione fosse non vera. Si aggiunga il fatto che la dirigente Zinzula ha derubricato a inesistente il rischio di impatto ambientale nell’ultimo giorno utile per presentare le osservazioni. Si tratta di un atto irresponsabile che mette in difficoltà il presidente Pigliaru. Il quale, anche ad agosto, si dichiarò contrario alla ri-militarizzazione dell’arcipelago di La Maddalena.

Dove, però, in tanti auspicano il ritorno della Nato visto che la riconversione economica, promessa da anni, è di là da venire. E sono centinaia le buste paga perse finora.

È vero, il sentimento è diffuso. Ma se un territorio viene lasciato alla fame, abbocca non quando viene promessa una brioche, ma al primo sventolio di pane carasau ingrandito con la lente. Denunciare la mancata riconversione economica, di cui non hanno colpe né i RossoMori né la coalizione, è compito di giornalisti e fotografi. I politici, che invece vanno in gita di lavoro a La Maddalena, dovrebbero stilare un cronoprogramma appena tornano a casa. È naturale che i maddalenini, davanti alla possibilità di una ripresa della base Nato, dicano sì. Nel deserto generale, non possono che scegliere l’oasi quando la intravedono, qualunque essa sia.

Per tornare all’atto amministrativo della direttrice Zinzula. Correggerlo adesso, a termini scaduti, è un po’ difficile.

Il tema dell’ampliamento del pontile Cavour attiene ai rapporti tra Stato e Regione. Quindi si può tutto. Anche un intervento politico col quale mettere una pezza. Ma una cosa la Sardegna ha il dovere di fare sempre: opporsi, in tutte le sedi, perché si raggiunga l’obiettivo di ridurre le servitù militari. Sino al 4 dicembre con certezza, sperando che poi Dio ci salvi se non dovesse vincere il No al referendum, possiamo tutelare per Costituzione gli interessi del popolo sardo.

Il fatto che il presidente turco Erdoğan non sia un alleato affidabile nella lotta contro l’Isis, seppure a Incirlik ci sia un’importante base Nato, ha forse spinto l’Alleanza atlantica s puntare di nuovo su Santo Stefano.

Può essere tutto. Ma non è questo il problema. Noi della sinistra siamo abituati a che uno Stato informi le altre istituzioni. La Regione Sardegna ha il diritto di avere una spiegazione dal Governo sul perché la Difesa voglia ampliare di oltre 600 metri quadrati il pontile Cavour. Sulle servitù militari i RossoMori non si riconoscono nella posizione avallata dall’assessorato all’Ambiente.

Dopo questa intervista si aspetta che il presidente Pigliaru la contatti telefonicamente?

Il governatore è abbastanza maturo: non ha bisogno di questa intervista per capire che un assessore lo ha danneggiato andando contro le sue stesse direttive sulla smilitarizzazione. Per chi esercita un ruolo istituzionale esiste il rispetto di un principio di moralità ed etica che si chiama principio di responsabilità.

Quindi?

Chi di dovere, tragga le conseguenze. Io sto ponendo al presidente Pigliaru, in qualità di garante della coalizione, una doppia questione: sull’assetto delle aree interne e sulla linea da seguire rispetto alle servitù militari. Il mio è un invito alla riflessione. Sul fatto che mi chiameranno i segretari degli altri partiti, nessun dubbio: è normale che sia così.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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