Madgi Allam a Tortolì, Michela Murgia: “No al patrocinio del Comune”

Esplode la polemica sul patrocinio concesso dal Comune di Tortolì alla presentazione del nuovo libro di Magdi Cristiano Allam, “Islam, siamo in guerra”. La scrittrice Michela Murgia ha attaccato duramente dalla sua pagina Facebook: “Il sindaco motiva il patrocinio dicendo che “l’amministrazione intende promuovere l’integrazione tra persone di altre culture e religioni residenti nel comune di Tortolì”. Seriamente, ha detto così. A chi mi chiede se non ho paura delle condizioni non democratiche della vita in Cina (la scrittrice è in partenza per la Cina, ndr) rispondo che la Cina è messa di sicuro male, ma non è che anche a casa mi senta proprio in una botte di ferro”. La presentazione del libro è organizzata dall’associazione Amici di Magdi Cristiano Allam e il patrocinio è stato chiesto dall’ex sindaco di Gairo Roberto Marino Marceddu, che ha replicato duramente: “Con una malriuscita e grave ilarità tenta di far apparire contraddittorio quanto esposto in relazione alla volontà dell’Amministrazione di promuovere l’integrazione tra culture e religioni diverse. La volontà dell’Amministrazione è certo quella di favorire giusti processi di integrazione, ma, in un quadro di regole definite e certe che tutti, compresi i migranti, devono impegnarsi a rispettare”.

“Magdi non vuole terrorizzare”, prosegue Marceddu, “ma rappresentare la realtà della cultura islamica e provenendo da quella cultura può farlo molto meglio della Murgia: il suo libro Islam, siamo in guerra testimonia quanto già affermato a proposito sia da Papa Francesco che da Hollande e dal Segretario di Stato statunitense. La Murgia ha dimostrato, nonostante si eriga a presunta intellettuale, di non possedere alcuna apertura mentale e si è relegata nell’ambito di una minoranza violenta nei modi comportamentali che vorrebbe impedire agli altri di parlare per affermare solo il suo pensiero: non per nulla effettua considerazioni a sproposito sulla Cina, ove, al pari dell’altra sponda del Mediterraneo ove prevale la cultura islamica, è risaputo che non si può certo contare sulla libertà di parola ed è censurato anche Skype.
Se si è adeguata a questi modelli culturali repressivi e basati sulla censura, visto che le piacciono così tanto, può davvero rimanersene in Cina: alla maggior parte di noi sardi non mancherà di sicuro, anzi”.

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