Spunta un caso a Palazzo Bacaredda, un caso destinato a diventare scontro politico. Al quotidiano L’Unione Sarda, in un’intervista pubblicata oggi, lo racconta lo stesso protagonista, Massimo Zedda, che ad agosto del 2019, a distanza di sette anni dal regalo ricevuto, decise di cedere al Comune un orologio che aveva ottenuto in dono da Qabus bin Said Al Said, il sultano dell’Oman approdato in città in quell’estate del 2012 e morto di recente. L’orologio in questione è un Audemars Piguet royal oak, automatico, in oro rosa e zaffiri. Roba di lusso, per ricchi, il cui valore è stato stimato in 58mila euro dal gioielliere Coroneo Floris.
Zedda dà la sua versione dei fatti. Che può essere riassunta in tre punti. Il primo: “Ho ricevuto il dono a titolo personale, ma l’ho sempre ritenuto un regalo alla città”. Il secondo: “Non ho fatto la donazione prima, quando ero sindaco, perché allora non aveva molto senso. Era lì, l’ho sempre tenuto in Comune, sottochiave nel mio ufficio”. Terzo punto: “Ho protocollato la richiesta di donazione ad agosto del 2019, ma nessuno mi ha risposto. Per questo ho chiesto ad alcuni consiglieri comunali, prima fra tutti Francesca Ghirra, di promuovere un ‘iniziativa per inserire l’argomento all’ordine del giorno del Consiglio”. Questo perché sul ricevimento (o meno) della donazione è l’Assemblea municipale che si deve esprimere.
Ovviamente gli ingredienti ci sono tutti perché si accenda lo scontro politico. A cominciare dal fatto che, malgrado l’intervista, non si capiscono con chiarezza le ragioni per cui Zedda abbia aspettato sette anni prima di decidere di donare l’Audemars Piguet al Comune. Non solo: l’ex primo cittadino ha formalmente lasciato la sua stanza in Municipio ad aprile, ma la richiesta di donazione l’ha presentata ad agosto. Ancora: dalle stesse parole di Zedda si intuisce che la decisione di raccontare solo adesso la vicenda sia legata a motivi su cui l’attuale consigliere regionale volutamente non si sbottona e il giornalista non ‘indaga’ né si sofferma. L’ex primo cittadino si limita a dire: “Accetto di parlarne solo perché è un fatto destinato a diventare pubblico”. Una frase assolutamente sibillina, a ben vedere. Ma che nell’intervista non viene approfondita.
Ipotesi non se ne possono fare, visto che non si conoscono i fatti e nemmeno i retroscena. Ma non si può escludere che del caso ‘Audemars Piguet’ se ne stia parlando in Comune un po’ troppo. E Zedda abbia quindi promosso la sua operazione verità per ‘riparare’ all’errore di fare la donazione solo a distanza di sette anni dal regalo ricevuto. Peraltro: è un controsenso dire da un lato che l’orologio è sempre stato considerato un regalo alla città e poi conservarne dall’altro la proprietà, sino a farne la donazione. Non si cede un bene su cui non si esercita il possesso.