“Bisogna evitare che, dopo l’assegnazione alla Sardegna di 55 milioni di euro per il pagamento di una parte degli ammortizzatori sociali 2014, venga rallentato il confronto col Governo per risolvere definitivamente il problema del finanziamento di CIG e mobilità in deroga relativa a tutto l’anno scorso e al 2015. Sempre più urgente il rilancio e la messa a punto di nuove politiche attive del lavoro”. Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Cisl sarda, Oriana Putzolu.
“Le risorse assegnate nei giorni scorsi dal Governo coprono, infatti, poco meno di un quinto del fabbisogno necessario a garantire gli assegni ai 26.763 lavoratori che nel 2014 hanno richiesto l’accesso agli ammortizzatori sociali in deroga: 9.494 per provvedimenti di cassa integrazione in deroga e 17.269 di mobilità in deroga. Le risorse necessarie per coprire questo fabbisogno ammontano a 59.156.733 euro per i trattamenti di cassa integrazione e 174.532.130 euro per quelli di mobilità in deroga. La Regione è intervenuta economicamente per tamponare in qualche modo la situazione, ma deve essere lo Stato a farsi carico del problema, che diventa drammatico se si considera che nulla si sa neppure sulle risorse da assegnare per il 2015. Non si può umanamente lasciare – come è successo nel 2014 – nell’incertezza migliaia di famiglie. Soprattutto è necessario un piano straordinario per il lavoro. La Giunta deve capire – prosegue Putzolu – che tutte le iniziative promosse per creare occupazione, prima di entrare a regime e far sentire i propri effetti positivi sul mercato del lavoro e sulla vita delle persone, richiedono mesi. E’ necessaria, perciò, l’adozione di provvedimenti contingenti, a effetto immediato, che solo un articolato piano straordinario per il lavoro può garantire. In contemporanea – conclude la leader della Cisl – si devono aprire i tavoli per rilanciare politiche attive finalizzate all’occupazione, puntando su tutte le risorse regionali e i progetti nazionali ed europei possibili, correggendo quelle – come “garanzia giovani” – rivelatesi inadeguate a rispondere alle necessità dei lavoratori tra 15 e 29 anni d’età”.