“L’autonomismo della Sardegna è sotto attacco”. L’allarme scorre lungo l’asse Roma-Cagliari: a lanciarlo, sono i parlamentari dell’Isola che devono votare le riforme costituzionali proposte dal governo di Matteo Renzi. Due gli articoli da modificare: uno è il 57, col depotenziamento del Senato e il conseguente tramonto del bicameralismo perfetto; l’altro è il 117 che ritoccherà le competenze legislative delle Regioni, anche di quelle a statuto speciale come la Sardegna. Il testo voluto dal premier è adesso all’esame della commissione Riforme del Senato, dove sta dando battaglia Luciano Uras (Sel). Ma sulla stessa lunghezza d’onda c’è Roberto Capelli, deputato del Centro democratico. I due fanno notare: “Non è accettabile che la nostra Isola perda anche solo parte della sua specialità autonomistica. Per quel che ci compete, vigileremo con la massima attenzione in difesa del nostro Statuto, ma serve unità di intenti con Giunta e Consiglio regionali per evitare che i poteri legislativi dell’Isola vengano erosi a vantaggio di quello statali”.
Uras, finora, si è visto bocciare due emendamenti-chiave nell’ottica dell’autonomismo. Uno riguarda il Senato che, nella proposta del Governo, deve passare da 315 a 100 rappresentanti. “Di cui 5 nominati dal Capo dello Stato e 95 scelti dai Consigli regionali in base alla popolazione, ma garantendone un minimo di due a ogni Regione”. Il senatore di Sel dice: “Io credo che la Sardegna debba scegliere da sola con quale modalità eleggere i proprio rappresentanti a Palazzo Madama. Ma soprattutto: secondo lo schema dell’Esecutivo nazionale, se votano le assemblee regionali, a Roma arriveranno solo gli esponenti dei due partiti maggiori”. Il vendoliano non ha alcun dubbio: “Dove si riduce la partecipazione dei cittadini, vengono meno spazi di democrazia, e a questa logica ci opponiamo”. Peraltro: nella riforma Renzi-Boschi, potranno essere eleggibili solo gli stessi consiglieri regionali o i sindaci.
Sul fronte dei poteri legislativi concessi alle autonomie locali, fino a oggi, le Regioni hanno potestà nelle materie indicate dall’articolo 117 della Costituzione e negli Statuti speciali. “Il Governo – continua Uras – vuole che prevalga una supremazia dello Stato, cancellando il principio della cosiddetta legislazione concorrente. Per questo avevo chiesto che la modifica dei singoli ordinamenti regionali, oggi in capo al Parlamento perché si tratta di legge costituzionale, venga decisa a maggioranza assoluta anche alle Assemblee regionali. Ma neppure questo emendamento non è passato”.
Uras guarda il complesso delle riforme. “Si aggiunga che la nuova legge elettorale punta a ottenere una Camera di nominati, con liste bloccate. Ciò significa che la democrazia finirà in mano alle segreterie dei partiti, le quale decideranno pure i senatori”. Non a caso, l’esponente di Sel ha mandato una lettera a tutti i leader delle forze politiche isolane, ma anche ai consiglieri regionali e ai sindaci. Obiettivo: “Promuovere un monitoraggio delle riforme romane ed elaborare le nostre proposte di autogoverno”.
Capelli attende che dal Senato il testo della Renzi-Boschi, certamente emendato, passi alla Camera. Ma intanto ringrazia Uras “per aver assunto l’iniziativa di sensibilizzare le forze politiche e le istituzioni regionali su quanto sta accadendo in questi giorni in Senato”. Capelli non la prende larga: “Le modifiche costituzionali colpiscono e affondano l’autonomia speciale della Sardegna che, invece, è vitale. Sono pronto a sostenere un fattivo impegno della comunità sarda, a cominciare dalla Giunta e dal Consiglio regionali, per verificare tutte le legittime e possibili azioni a tutela delle prerogative e dei diritti sanciti dal nostro Statuto”.
Ecco la proposta operativa. “A mio avviso – sottolinea Capelli – sarebbe importante che le massime istituzioni della nostra Isola si facciano carico di coordinare un’azione comune con le altre regioni a statuto speciale. Ma serve anche promuovere una riflessione più ampia su tutte quelle azioni che l’Esecutivo nazionale, sebbene al di fuori delle riforme, sta portando avanti. E si tratta di approcci dal sapore neocentralista, allargati al governo del territorio, alle risorse ambientali e alle politiche energetiche. Non possiamo trascurare nemmeno la gestione delle servitù militari, versante sul quale sta emergendo una preoccupante impostazione di stampo coloniale, negando alla Sardegna quel disimpegno di spazi e forze richiesto dal presidente della Regione, Francesco Pigliaru. Per questo credo che solo l’unità di intenti ci permetterà di difendere con successo la nostra identità e i nostri diritti, fino a vincere una battaglia di dignità che risponde al primo dovere del nostro mandato. Prima di tutto viene la Sardegna”.
Alessandra Carta
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