“La Buona scuola non è una riforma”. Lo dice in premessa, Claudia Firino (Sel), l’assessore regionale alla Pubblica istruzione che al ddl di Matteo Renzi dà “cinque sulla fiducia, nella speranza che se il testo normativo dev’essere approvato, venga prima corretto. Altrimenti si stralci la parte relativa alle assunzioni e il resto lo si riveda con calma perché sono troppe le questioni appena accennate o nemmeno inserite nella Buona Scuola. Mi riferisco, per esempio, all’inclusione sociale”.
Assessore, cominciamo dai dirigenti sceriffo che un po’ sanno di Spaghetti western. A lei piacciono?
Parlare di dirigenti sceriffo è una semplificazione linguistica pericolosa, visto che si sta discutendo di un tema serissimo come la scuola.
Come vanno chiamati allora?
Chiarisco che io sono contro qualunque forma di verticismo esasperato, e i nuovi e maggiori poteri concessi ai dirigenti si muovono in questa direzione. Ma è ancora più grave che alle responsabilità assegnate, non corrispondano adeguati mezzi. Con la Buona Scuola, ai dirigenti si dice: organizzate le attività, progettate, innovate, ma i soldi trovateveli voi, da soli.
Per Renzi il verticismo è essenziale.
Quando si governa è necessario prendere decisioni. Ma la soluzione migliore, a mio avviso, è farlo dopo la più ampia condivisione. Tuttavia, nel Piano Buona Scuola presentato lo scorso anno, aveva messo nero su bianco un corollario preoccupante.
Quale?
Ha scritto che “purtroppo le risorse pubbliche non bastano a coprire il fabbisogno delle scuole italiane”.
Quindi ha inventato gli sponsor: la scuola come gli spazzolini, si vende al miglior offerente.
I contributi della cittadinanza sono utili e vanno bene. Ma non su un servizio essenziale come l’istruzione.
Arriviamo al primo grande buco nero del ddl: come si incastra il potere discrezionale di un dirigente nella chiamata diretta dei docenti, con i diritti acquisiti dagli stessi professori in termini di punteggio, quindi di anzianità? E ciò vuol dire la possibilità di insegnare vicino casa.
Nel ddl l’aspetto non era chiarito. Mi risulta comunque che su questo versante siano stati accolti e approvati diversi emendamenti. È importante scongiurare il rischio che alcuni dirigenti potrebbero non volere docenti, per esempio quelli con disabilità.
Valutazione dei prof. È d’accordo?
Gli elementi di valutazione vanno inseriti. Il problema della Buona Scuola è che non è spiegato il perimetro della verifica, la modalità.
Stando al ddl, faranno parte della commissione, oltre al dirigente e a due docenti, anche i genitori. Questi ultimi come valuteranno un prof, in base alla bellezza e alla simpatia?
Non ho idea di come un genitore possa valutare, correttamente o meno, l’insegnante dei suoi figli.
Il suo suggerimento qual è?
La sfida è trovare un modo per valutare oggettivamente il lavoro degli insegnanti con i ragazzi, tenendo in considerazione il loro punto di partenza. Perché chiaramente i risultati ottenuti da un ragazzo di una famiglia agiata, iscritto in una scuola di un grande centro urbano, non hanno lo stesso valore rispetto al profitto di uno studente che proviene da una famiglia in difficoltà e frequenta un istituto di periferia. Con questo voglio dire che la bravura o meno di un docente non può essere ridotta a un test da compilare.
Le assunzioni riguarderanno i 100mila precari delle graduatorie a esaurimento, ma sono esclusi gli altri 50mila che da anni lavorano nella scuola ma non sono nelle liste. O perché erano già chiuse o perché non sono abilitati.
È un altro nodo della riforma. Lasciare fuori quei 50mila precari, i cosiddetti docenti di seconda fascia, significa andare contro la stessa sentenza della Corte di giustizia europea. La prescrizione Ue assegna il diritto all’assunzione a tutti i docenti che hanno insegnato per almeno 36 mesi. Il tema dei contratti va ripensato aprendo la possibilità del tempo indeterminato a tutti i 150mila precari attraverso un’approvazione immediata, stralciando la questione Organici.
Salva qualcosa del ddl?
Sì, l’introduzione del concorso per entrare nel mondo della scuola. Andava fatto ordine, visto che negli anni si sono stratificate diverse modalità. Dico bene anche alla valorizzazione del ruolo delle autonomie scolastiche e l’accento sulle nuove tecnologie.
Allora perché il suo voto è 5.
È un voto di stimolo al ripensamento del testo normativo.
È ottimista?
Voglio esserlo.
Cosa pensa dei 40 milioni annui per la Formazione. Che poi sarebbero 55 euro a docente, neanche i soldi per il biglietto del treno e un panino, in tal caso.
Torniamo al solito punto: è stato ipotizzato uno stanziamento, ma per essere favorevoli o meno, andrebbe spiegato come e per cosa si vogliono utilizzare quelle risorse. Resta il fatto che la Regione Sardegna, con la programmazione unitaria, alla scuola sta destinando 150 milioni.
Oltre il triplo, ecco.
Ma soprattutto con una progettualità messa nero su bianco.
Nel ddl Renzi cosa manca del tutto?
Manca il coraggio di aprire il focus sul diritto allo studio, sull’inclusione e sull’istruzione nella fascia 0-6 anni. Di questo se ne occuperà solo il Governo, al quale Camera e Senato dovranno dare una delega. Su questo fronte è intervenuta pure la Fondazione Agnelli, puntando il dito contro la totale assenza del tema nel ddl. L’inclusione, peraltro, non può essere considerata solo come impegno di uno Stato ad aiutare gli studenti in difficoltà, ma deve riguardare tutti. Perché significa garanzia di pari opportunità.
Bonus da 500 euro. E solo ai meritevoli. Si ritorna al nodo della valutazione.
A me questo voucher ricorda gli 80 euro.
Quelli, però, vengono assegnati in base al criterio oggettivo del reddito, al netto degli evasori.
Ma la logica è identica: una forma di compensazione. Nel caso degli 80 euro a fronte dell’aumento dell’Iva. Nel caso della scuola come regalo per il mancato rinnovo del contratto, scaduto da sette anni.
La solita coperta italiana troppo corta.
La Buona scuola non è una vera riforma. Ripropone solo elementi che sono sempre attuali. Ma gli effetti reali e prevedibili al momento sono soltanto due: discriminazione di alcuni lavoratori e inserimento del privato nell’istruzione, col risultato di rendere sempre più forti le scuole di serie A e sempre più deboli quelle che sono già di serie B. Dalla Buona Scuola è fortemente compromesso il concetto di uguaglianza.
Se li ricorda i viaggi di Renzi, in nome dell’edilizia scolastica, a inizio mandato?
I soldi destinati si sono tradotti in tanti minuscoli interventi. Nella maggior parte dei casi si è data una mano di vernice alle facciate, ma le finestre continuano a essere rotte. Però poi la ministra Giannini accusa le Regioni di essere in ritardo nel prepara le anagrafi degli studenti. Peccato che la responsabilità siano tutte del Governo, come ha denunciato l’assessore toscano, Emmanuele Bobbio, a nome di tutti gli Esecutivi regionali. Va ricordato che la nostra Giunta si è distinta per impegni in materia di edilizia scolastica: le risorse stanziate per gli interventi strutturali le abbiamo messe davvero: 30 milioni nel 2014 e 120 quest’anno.
Alessandra Carta
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