‘La Sardegna che vorrei’ di Maninchedda: preti e politica a confronto su questione sarda

Alessandra Carta

I sacerdoti. Quelli veri. E la politica. Quella che guarda alle Regionali di febbraio 2024 sapendo che non c’è tempo da perdere. Gli uni e l’altra li ha messi insieme Paolo Maninchedda che giovedì, nel giardino della Biblioteca Satta a Nuoro, con concerto finale affidato a Piero Marras, ha disegnato ‘La Sardegna che vorrei”. Ovvero l’agenda delle priorità nel perimetro della nuova alleanza tra M5s e centrosinistra, inaugurata il 7 luglio ma ancora da definire.

Maninchedda ha fatto da cornice, ha legato storie e idee, ha introdotto testi e musiche (con una competenza letteraria che in molti hanno apprezzato). “Serve nobiltà d’animo, grandezza di spirito e grandi idee che disciplinino e regolino le ambizioni – è stato il filo conduttore del dibattito -. La questione sarda non è una questione economica né democratica, ma politica. Il tema dell’assenza dei poteri che sarebbero necessari ai sardi per aumentare la libertà e lo sviluppo deve tornare centrale nel dibattito politico”.

Le parole dei sacerdoti Ettore Cannavera e Francesco Mariani hanno spiazzato un po’ tutti. Il fondatore della comunità La Collina ha ricordato a tutti che “i delinquenti non nascono delinquenti, ma lo diventano e dunque pongono alla politica la domanda sulle condizioni che generano i reati”. Cannavera ha poi aggiunto che anche “la sinistra si gira dall’altra parte quando si tratta di parlare di carceri”. Don Mariani, che è di Orune, un paese di faide storiche, ha posto l’accento sul fatto che “in Sardegna ogni cantone è patria. Il localismo – ha sottolineato – è una malattia che moralmente si traduce nell’invidia”.

Antonello Cabras, uno senza bisogno di presentazioni, ha ricordato che “solo negli anni della Rinascita la Sardegna ha registrato la piena occupazione”. Quindi ecco l’appello a costruire qualcosa di simile a un’assemblea costituente, “dove le forze politiche, tutte le forze politiche, concordano sugli obiettivi nazionali, e si dividono solo sugli strumenti per realizzarli”. I più fini ci hanno visto un invito a sperimentare alleanze inedite, larghe, sarde.

Il capogruppo dei Progressisti, Francesco Agus, guarda a oggi ma anche a domani: “Chi governerà la Sardegna nei prossimi cinque anni non dovrà solo riparare i disastri fatti dall’ultima Amministrazione ma dovrà per forza prendere le decisioni rimandate per decenni. Quindi non sarà possibile procrastinare ulteriormente”. Agus ha poi sottolineato: “Il nostro schieramento deve scommettere sul ritorno alle urne dei cittadini e per farlo deve essere coerente e convincente”.

Romina Mura, ex deputata Pd, ha parlato di “mediazione e integrazione”, raccogliendo l’invito di Maninchedda a commentare la misoginia. Era invitata anche Alessandra Todde, la deputata M5s che per le Regionali 2024 sta costruendo la proprio candidatura (oggi il primo appuntamento a Santu Lussurgiu). Ma la parlamentare grillina ha poi annunciato la propria assenza per via di “un aereo perso”.

A Nuoro c’era anche Graziano Milia, il sindaco di Quartu che al pari di Maninchedda e della Todde è nella rosa dei papabili per la leadership delle Regionali di febbraio. “La ricetta Quartu – ha detto il primo cittadino – è una ricetta programmatica e non ideologica: semplice, onesta, chiara”.

Sono poi intervenuti Giovanni Galistu (Consorzio per la tutela del pecorino), Alessandro De Martini (dirigente della regione) e Lorenzo Palermo (sardista storico). Palermo ha rinnovato molto il fuoco Psd’Az, con ragionamenti che in molti hanno ritenuto lenitivi rispetto alla deriva del sardismo nell’epoca Solinas; Galistu ha raccontato come il Montiferru sta risorgendo dall’incendio di due anni fa; De Martini ha tratteggiato una Regione onesta, leale, semplice, moderna e efficace, caratteristiche che oggi sembrano un miraggio.

Alessandra Carta

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