di Vito Fiori
Com’era inevitabile, la possibile decadenza di Alessandra Todde dalla carica di presidente della Regione apre nuovi scenari nella politica isolana. È il primo caso, e anche abbastanza clamoroso, che non ha precedenti in Italia. Certo, il ricorso contro il provvedimento del collegio elettorale di garanzia della Corte d’appello farebbe scattare in automatico una sospensiva, ovvero che l’esecutivo e il consiglio regionale continuino a operare sino alla definizione del giudizio (oltre al giudice monocratico, ci si può rivolgere alla Cassazione) senza alcun problema. Si tratterebbe quindi di aspettare qualche mese per una procedura comunque sia accelerata per ovvie ragioni.
Una volta chiusa la pratica e dichiarata eventualmente ineleggibile la Todde, ci sono tre mesi di tempo per preparare le nuove elezioni regionali. Che, tra presentazione di simboli e liste, trattative tra partiti e altro, lascerebbe ai candidati presidenti e alle loro coalizioni appena un mese e mezzo per la campagna elettorale. Il problema nascerà proprio qui. Sarà ancora Todde la scelta del campo largo, ammesso che possa sopravvivere al cataclisma di queste ore? Difficile che il Partito democratico accetti una soluzione del genere, impensabile che la responsabile, per ora solo presunta, del disastro possa guidare una nuova alleanza nel centrosinistra. Nelle segreterie sono tutti super abbottonati, ed è comprensibile. Inutile azzardare ipotesi in un momento come questo. Non conviene a nessuno, anche perché manca la certezza che le cose vadano come indicato dal collegio di garanzia. E poi, anche perché il Pd di nomi da mettere sul campo non ne ha, tolti i soliti noti con scarso appeal nell’elettorato.
Ma, forse, questa storiaccia derivata da atteggiamenti superficiali e poca conoscenza della materia elettorale (tuttavia grave) è più probabile che tornerà utile per una sorta di piccola resa dei conti interna al campo largo. Nel senso che, di recente, i rapporti tra dem e 5 stelle non sono apparsi del tutto idilliaci. Alcuni consiglieri lamentano la troppa diffidenza nei loro confronti da parte degli ex grillini. “Sono convinti di essere i soli onesti del consiglio e non accettano manco un suggerimento pensando che li vogliamo fregare”, dice un consigliere Pd che vuole rimanere nell’anonimato, aggiungendo: “E la Todde non ci coinvolge nelle decisioni che contano”. Ecco, questo è un piccolo quadro dello stato dell’arte nell’aula di via Roma, soprattutto alla luce degli ultimi accadimenti. Pensare di tornare all’autunno 2023, quando Alessandra Todde venne incoronata leader del centrosinistra, non passa per la testa nemmeno all’ultimo dei peones di via Roma. Il campo largo è tutto da rifare, insomma.
E se da una parte si piange, dall’altra non si ride. La scelta di Paolo Truzzu, caldeggiata da Antonella Zedda, senatrice di Fdi, e sostenuta dalla stessa Giorgia Meloni, si è rivelata sbagliata. Todde ha vinto di qualche migliaio di voti, Truzzu, solo a Cagliari, dov’era sindaco, ha perso con un distacco di 14mila voti. Una sua ricandidatura sarebbe improponibile. Solo che bisognerebbe capire quale partito, tra Fdi, Forza Italia e Lega, abbia maggiore peso nell’avanzare un nome. Gli azzurri avrebbero Pietro Pittalis che non vorrebbe sentirne dopo esser stato messo da parte proprio dalla Zedda nell’autunno del 2023. Christian Solinas, Psd’az, che ormai non può contare neanche su un consigliere regionale, è fuori dai giochi, a meno che Matteo Salvini non si inventi qualcosa nelle prossime ore. Per la Sardegna, comunque vada, non è un bel giorno e il futuro, almeno nell’immediato, non sembra particolarmente luminoso.