Colpa dei ritardi delle stazioni appaltanti, ovvero di comuni, consorzi di bonifica ed enti strumentali della Regione? Dei vincoli imposti dal patto di stabilità o di un inefficiente programmazione a livello regionale? Oppure degli eccessivi ribassi praticati dalle imprese per aggiudicarsi gli appalti? Domande tutte lecite, ma una risposta univoca sulle cause del blocco delle opere infrastrutturali non c’è.
Ad esempio, può anche accadere che l’impresa appaltatrice fallisca, lasciando i lavori a metà, o che le nuove amministrazioni comunali abbiano delle priorità diverse rispetto a quelle precedenti. Anche per questi motivi vengono meno le condizioni per il riavvio dei lavori. C’è anche chi si lamenta dei lunghi tempi necessari per il completamento delle verifiche d’impatto ambientale. Ma è chiaro che tali verifiche sono necessarie laddove i progetti modificano l’ambiente.
Di certo, però, c’è che le incompiute non sono fruibili. A rimetterci, in altri termini, è la collettività. La palla, manco a dirlo, è adesso nelle mani della Regione, che per il momento ha avviato una prima ricognizione delle cosiddette ‘incompiute’. Parallelamente, si lavora alla revisione dei residui di bilancio. Sembra essere questo l’orientamento della giunta. E pare anche che l’indirizzo sia anche quello per cui “prima si completa, poi si fa il nuovo”.
P. L.