Beni minerari, il manager di Pigliaru scavalca i Comuni. Silenzio dell’assessora

Alessandra Carta

di Alessandra Carta

La triangolazione è di quelle che fanno bene alla politica sarda. Michele Caria, il manager scelto ai tempi della Giunta di Francesco Pigliaru per trascinare Igea fuori dalle secche del fallimento, è entrato in rotta di collisione con i sindaci del Sulcis. E questo senza che l’assessora all’Industria, Anita Pili, titolare della competenza, stia proferendo parola.

Tutto ruota intorno al bando che Igea, la spa della Regione nata con la legge 33 del 1998 per bonificare le aree minerarie dismesse. Caria, l’amministratore unico, ha pubblicato una gara che, attraverso un’asta pubblica, prevede di assegnare ai privati la gestione di “ventitré immobili nei Comuni di Iglesias, Guspini, Dosmusnovas, Gonnesa e Sant’Antioco“. Significa locazione o affitto.

La miccia dello scontro l’ha accesa su Facebook il sindaco di Iglesias, Mauro Usai, che ieri ha pubblicato un post dal titolo “Igea mette all’asta i beni minerari”. E subito sotto: “Adesso basta. Non permetterò, per nessuna ragione, che l’eredità dei nostri padri minatori, venga messa all’incanto come si fa su Ebay con la roba vecchia”.

Il tenore della crociata lanciata da Usai lascia spazio a pochi margini di manovra. Il primo cittadino parla con la legge 3 alla mano. “Legge che prevede espressamente la cessione dei beni dismessi ai Comuni. Un percorso con il quale Iglesias, negli anni, ha già ottenuto Porto Flavia, la Grotta Santa Barbara e la Galleria Villamarina, tutti beni entrati nel circuito del turismo industriali e che oggi valgono 700mila euro di entrate extratributarie, perché il nostro Comune, massimizzando quella finalità pubblica di utilizzo prevista dalla stessa norma vigente, ha creato lavoro e offerta vacanzieri. Solo le guide sono trenta, di cui dieci attive tutto l’anno e venti stagionali. Igea e la Regione ci vogliono togliere il pane di bocca”.

Il sindaco Mauro Usai

Il sindaco di Iglesias mette sul piatto anche un secondo rischio: “Se Igea si ostina a voler decidere la gestione dei beni minerari dismessi, anziché capire che ha la proprietà in via transitoria, in attesa delle assegnazioni ai Comuni che ne facciano richiesta, Iglesias viene messa nelle condizioni di perdere il treno del Fondo per una transizione giusta (Just Transition FundJtf”.

Si tratta di un nuovo strumento finanziario previsto dalla politica di coesione a livello europeo. Bruxelles, in buona sostanza, ha stanziato risorse importanti per “fornire sostegno ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica”. Iglesias, insieme a Taranto, si deve dividere un miliardo di euro per il rilancio. “Ma senza avere la proprietà dei beni, il nostro Comune non può accedere alle risorse del Jtf. Ripeto: in ballo c’è una montagna di soldi” a cui la Giunta di Christian Solinas, “di fatto, sta rinunciando”.

Usai prova a far sentire a quell’orecchio alla Pili, che invece non sembra interessata al tema. “Le aree minerarie sono classificate come D, cioè industriali. Il cambio di destinazione urbanistica, necessario alla riconversione economica, può deciderlo solo il Consiglio comunale. Ecco perché, per legge, gli enti locali sono al centro della programmazione e a loro deve essere garantita la piena titolarità dei beni. Diversamente non si va da nessuna parte”.

Iglesias aspetta dall’Igea la cessione della Pineta di Masua. “Abbiamo chiesto la cessione nel 2019, anno in cui avevamo incontrato l’assessore”. La quale “si era detta pronta a portare avanti il percorso di assegnazione dei beni ai Comuni, nei cui territori ricadono gli immobili, “invece adesso siamo punto e a capo. C’è un nuovo bando di Igea che ci mette sulla porta. La Sardegna non può continuare a essere ostaggio dell’inerzia politica”.

L’avvocato del Municipio sulcitano è al lavoro in queste ore sulla diffida contro Igea. “Basterebbe un’interpretazione autentica della legge perché Igea capisse quale ruolo deve avere nella gestione degli immobili minerari dismessi. La società regionale si sta incaponendo nel voler guidare chissà quale riconversione. In realtà è nata per fare le bonifiche. Non ne abbiamo vista una in quarant’anni”. 

Alessandra Carta

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