“E mentre si attende che vengano rimpatriati, ci sono ampie zone deserte della Barbagia che potrebbero ospitare i clandestini”. È questo un passaggio dell’intervista che il sindaco di Como, Alessandro Rapinese ha rilasciato a un giornale locale all’indomani della violenza subita da una donna da parte di un migrante all’interno di una cabina telefonica.
Rapinese, intervistato dal Giornale di Como, ha fatto di tutta un’erba un fascio e detto che tutti “i clandestini” vanno allontanati dal suo territorio e “mandati in Barbagia” nell’attesa del rimpatrio. Rapinese, ovviamente, non conosce la geografia e nemmeno le regole della convivenza civile. La Barbagia – lo scriviamo per il primo cittadino – è una vasta zona montuosa dove le derive razziste non sono pane quotidiano. Ma Rapinese, che alle elezioni si era presentato come sindaco senza bandiere, deve essere maestro della caccia all’uomo e iscritto alla scuola dell’intolleranza e del razzismo (l’articolo continua dopo lo screenshot).
Tuttavia non si tratta di un fatto nuovo questo strano rapporto che i comaschi hanno con la Barbagia. Anche nel 2016, un uomo delle forze dell’ordine aveva detto che la città lombarda “era violenta come la Barbagia”, riportò il Corriere della Sera in un’intervista. Sei anni fa era intervenuto, tra gli altri, l’allora deputato Bruno Murgia che, chiamato a commentare la vicenda, aveva detto: “È un modo di ragionare antico, sono cretinate figlie dell’ignoranza. Ma se non bastassero le parole di chi vive la Barbagia, ci sono i dati a dimostrarlo: i crimini sono in calo, i sequestri sono un ricordo e ci sono sempre meno omicidi”.
Rispetto al 2016, con Rapinese alla guida della città lombarda, non sembra essere cambiato nulla. Ma è forse ora che da quelle parti leggano un po’ e si documentino sulla Barbagia. Rapinese, agente immobiliare di 46 anni, è stato eletto sindaco lo scorso giugno. Era al terzo tentativo in quindici anni. Le due precedenti volte è stato sconfitto.