Il progetto dei Rossomori per il ‘nuovo soggetto politico’: “Se non ora quando?”

Pubblichiamo l’articolo (intitolato “Se non ora quando?”) col quale Gesuino Muledda, presidente dei Rossomori, ha illustrato il progetto della nascita di un “nuovo soggetto politico della sinistra sarda”. Dal sito www.rossomori.eu

La sconvolgente attività distruttrice del partito democratico pone alcune questioni di fondo che chiunque abbia a cuore democrazia e diritti deve necessariamente affrontare. Dico chiunque e non la dirigenza del partito democratico o ,solo, la sua base militante.

Il primo sentimento che provo , infatti, non riguarda le sorti del partito democratico. Riguarda la prospettiva di inutilità delle battaglie di democrazia e dei diritti che il mondo progressista può condurre in Italia e, di conseguenza, in Europa se il più forte partito e la forza della rappresentanza di interessi che detiene scompaiono dalla pratica politica.

Dato per scontato che le debolezze politiche e programmatiche del partito democratico sono la causa profonda di questa situazione , e che per questi motivi tanti in Sardegna non militiamo in quel partito; resta tuttavia evidente che un conto è avere a che fare con una destra neoliberista berlusconiana, altro conto è avere rapporti di concorrenza e ,perfino, di conflitto con un partito inadeguato ma che sta comunque nella tradizione e nella storia della sinistra europea.

Il nemico principale della prospettiva di sviluppo e di sovranità della Sardegna per noi sta nei princìpi e nella pratica del neoliberismo e nella visione egoistica e populista che fa dire coerentemente che non deve esserci prospettiva di un’ Europa di popoli e di nazioni, stato federale, democratico e sovrano.

E non riconoscendo i diritti dei cittadini, dei lavoratori, nega di fatto i diritti di giustizia e libertà. Rende questi diritti inesigibili, rendendo nei fatti inesigibili i diritti del Popolo sardo alla sovranità ,quella oggi esercitabile e quella accrescibile in un nuovo rapporto con l’Europa.

Del partito democratico si possono criticare, e noi li critichiamo, errori gravi nella prassi politica, nella gestione di governo, perfino per fatti di democrazia e di qualità di scelte strategiche .

Ma il quadro dei riferimenti al socialismo europeo , nei quali più facilmente noi possiamo riconoscerci, per i richiami a libertà e giustizia, per i valori dell’ambientalismo, per una visione della organizzazione dello stato tendenzialmente non centralistica, per il richiamo al comunitarismo solidale e alla necessità del governo di prossimità; per questi valori che stanno a fondamento del partito democratico e che, in tutto o in parte ,non venissero con forza rappresentati rende drammatica la vicenda di questi giorni. Per tutti i democratici e per tutti i progressisti. Fino a rendere disperante la prospettiva della lotta politica da sinistra. Perché di una forza politica di sinistra robusta, strutturata, diffusa nel territorio non si può fare a meno.

Uno dei motivi principali della crisi del partito democratico sta nella organizzazione centralistica della rappresentanza politica, nella debolezza della parte azionista della cultura della sinistra italiana nei progetti e nei programmi e nei valori ,nella dialettica culturale e ,di conseguenza, una pratica politica subalterna e debole ,influenzabile e infiltrabile più per fatti umorali che per profonda e meditata riflessione.

In questo contesto, al di là dei fatti statutari e della enunciazione dei principi ha prevalso un leaderismo di seconda scelta, non per la qualità degli uomini, almeno quelli di vertice, ma per la contraddizione intrinseca che questo approccio politico e culturale provoca. Contraddizione tra enunciati propositi e gestione politica.

E la conseguente organizzazione della forma partito centralistica e correntizia , necessariamente clientelare, ridotta nelle sue espressioni elettorali a supporto di leadership molto spesso non all’altezza e incongrue e contradditorie rispetto alle aspettative della base organizzata e ,ancor più dei ceti popolari di riferimento. Da qui la necessità della organizzazione del consenso interno attraverso le affiliazioni correntizie e la rigidità sclerotica dei gruppi dirigenti.

Al modello di partito centralistico e agli altri difetti occorre porre rimedio. E questo è possibile e necessario.
Noi riteniamo che alla visione federalista europea ,e di conseguenza alla visione federalista italiana della organizzazione dello stato democratico debba corrispondere la organizzazione federale delle forze politiche. Alla scelta di praticare il governo di prossimità , con tutte le implicazioni che ne derivano, deve corrispondere una articolazione dell’esercizio della sovranità popolare nella espressione più diretta .

Ciò vuol dire che il legame popolo territorio e la relativa espressione democratica devono prevalere sui centralismi e sulle affiliazioni. Non per questo affrontando i marosi difficili dei separatismi; ma praticando la sovranità come espressione di indipendenza all’interno della democrazia federale europea.

E ritenendo che una scomposizione delle rigide militanze non può dare luogo a scomuniche per scisma o eresia. Anche perché mancando autorità e autorevolezza non sortirebbero gli effetti desiderati.

Noi proponiamo la forma della Regione associata all’Europa, forma di indipendenza statuale come altri popoli in altre situazioni hanno già deciso e praticato.

Serve oggi avviare una stagione costituente per dare vita al partito sardo della sinistra. Partito non dipendente da altri soggetti esterni, autonomo nella nascita, sovrano nella sua organizzazione, liberamente federabile, plurale forza di liberazione del popolo sardo. Liberazione innanzitutto da culture subalterne e da dipendenze interessate.

La crisi drammatica del partito democratico, la fine della spinta propulsiva, obbliga tutta la sinistra ad aprire una riflessione. Riflessione non delle sigle e delle attuali militanze e appartenenze; riflessione del popolo nostro della sinistra per definire nuovi orizzonti e impegnarci a delineare le strategie che definiscano la Sardegna dei prossimi cinquanta anni.

Serve un nuovo soggetto politico della sinistra sarda che elabori e proponga un nuovo ,nostro, modello di sviluppo formato democraticamente ,democraticamente partecipato, e democraticamente governato.

E chi nella battaglia politica e culturale e nella battaglia sociale si impegna sarà il nuovo ceto dirigente.

Forse l’dea di convocare la assemblea del popolo sardo come in altri momenti difficili per la Sardegna e per le forze della sinistra non è idea da trascurare.

Gesuino Muledda

Presidente Partito Rossomori

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