Il ministero chiede di impugnare la riforma della sanità, la Giunta Todde attacca: “Distorce la norma e fa politica”

 “Volontariamente distorta la ratio della norma, con affermazioni che sembrano più politiche che giuridiche”. Così in una nota diffusa dall’ufficio stampa della presidenza della Regione Sardegna si commenta la richiesta dell’ufficio legale del ministero della Salute, di impugnazione davanti alla Corte costituzionale della riforma sanitaria approvata dal Consiglio regionale lo scorso 7 marzo. A ricostruire le tappe che hanno portato alla decisione romana, è la stessa Regione, che spiega: “Il primo aprile il ministero della Salute invia una prima nota alla Regione Sardegna, all’interno della quale viene ribadito che il commissariamento (dei vertici delle aziende isolane, ndr) è legittimo in quanto finalizzato alla riorganizzazione del sistema e, contestualmente, vengono richiesti dei chiarimenti su altri aspetti della legge”.

Nello specifico, è spiegato, rispetto alle coperture finanziarie dei centri regionali istituiti e delle funzioni del coordinamento dei direttori generali presso l’assessorato. “All’interno della stessa nota non è stato previsto alcun termine entro il quale rispondere – è ricordato -. Il 7 aprile, il ministero per via telefonica chiede il riscontro e la Regione risponde che questo avverrà entro la fine della giornata di mercoledì 9 aprile, con il benestare del ministero stesso. Il 9 aprile la Regione risponde come d’accordi sulle tre richieste di chiarimento avanzate dal ministero. Quindi, rispettando il termine previsto”.

Sempre il 9 aprile, “prima della trasmissione della risposta da parte della Regione Sardegna, il ministero invia una seconda nota, all’interno della quale si sostiene come la Regione non avrebbe rispettato il termine. Quindi il ministero medesimo, all’interno della seconda nota, contraddice quanto detto nella prima. Infatti, non viene citata nessuna delle osservazioni fatte nella prima nota e, inoltre, viene completamente ribaltata la tesi sul commissariamento”. Infatti, “si afferma che il commissariamento sia illegittimo, sostenendo l’impossibilità di commissariare nel caso di vacanza del ruolo di direttore generale. In sostanza- la conclusione- viene volontariamente distorta la ratio della norma con affermazioni che sembrano più politiche che giuridiche”.

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