di Vito Fiori
In Sardegna mancano 500 medici, entro i prossimi due anni oltre 330 medici andranno in pensione e, giusto per capirci, allo stato attuale ci sono circa 400 ambulatori privi del medico di base. Un quadro drammatico, con numeri che rendono bene l’idea di cosa significhi la parola salute nella nostra isola, non dimenticando che il 13 per cento dei sardi rinuncia alle cure per ragioni economiche (il dato più alto rilevato dal Cnel appena dieci giorni fa). Insomma, una situazione disastrosa che ha molteplici responsabilità ma, anche, la necessità di un piano di rilancio che non può essere rinviato. Una sfida difficile in cui la maggioranza di centrosinistra si gioca il futuro. Carla Fundoni, medico (specialista in malattie infettive e radiologia oncologica), eletta nelle file del Pd, presiede la commissione Sanità e sa molto bene cosa la attende nelle prossime settimane.
“Abbiamo già avviato le audizioni che proseguiranno la settimana prossima. Stiamo cercando di capire ogni minimo dettaglio che ci consenta di migliorare il nostro intendimento su come agire per far fronte ai tanti problemi”. La questione sanità non è stata messa in un angolo per far spazio al bilancio. “Non potevamo farlo”, conferma Fundoni: “Era e resta un tema prioritario”. Venerdì scorso, la consigliera ha illustrato il piano d’azione alla direzione del Pd a Oristano, riunione poi interrotta per la sopravvenuta notizia della decadenza di Alessandra Todde in seguito al provvedimento della Corte d’appello. Ma il lavoro è proseguito. Sono diversi i punti su cui sarà imperniata la legge di riordino. “Intanto – spiega Fundoni – abbiamo verificato che l’ospedalocentrismo ha fallito. È necessario alleggerire i carichi di lavoro degli hub sanitari sardi, cioè Cagliari e Sassari, puntando sul territorio e sulle strutture esistenti. Chiaro, anche con un coinvolgimento delle Università per un allargamento dell’offerta formativa sulla base delle esigenze specifiche della Sardegna. Siamo consapevoli che se vogliamo dare una svolta bisognerà dare forza ai giovani per farli crescere e fare in modo che i piccoli ospedali periferici possano sopravvivere offrendo servizi di media intensità”.
Molte, troppe le cose da fare. “È vero, il lavoro che ci aspetta è enorme. Dobbiamo cominciare ad aiutare i medici di medicina generale perché possano limitare la carenza attuale, soprattutto nei piccoli centri delle aree interne, già disagiate per ragioni diverse”. E poi c’è il discorso della riorganizzazione complessiva del sistema sanitario, compresa l’emergenza urgenza. “Un esempio: a causa della carenza di guardie mediche abbiamo registrato un utilizzo improprio del 118 e degli elicotteri. È vero che, da un lato, la platea di chi vive in zone disagiate si è allargata enormemente, dall’altro, però, servirebbe maggiore razionalità e attenzione. Sono aspetti conseguenti alla distribuzione del personale che va rivista. Gli hub sanitari non possono fagocitare i piccoli presidi ospedalieri territoriali, su questo occorre intervenire”.
Ultima domanda: gli attuali direttori delle Asl saranno sostituiti? “Faremo delle valutazioni. Agenas ci ha preceduto e il suo bilancio non è proprio lusinghiero”. Si spieghi. “La performance della sanità in Sardegna ci colloca all’ultimo posto in Italia. Ci sono addirittura tre aziende che non hanno presentato i bilanci, le Aou di Cagliari e Sassari e il Brotzu. La Giunta ha appena destinato 160 milioni di euro per ripianare i conti delle aziende, risorse che potevano servire ad altri settori”.