I giochi lettiani sul Pd sardo: spunta il nome di una donna per farne fuori un’altra

L’egemonia femminile nel Pd sardo è arrivata. Per ora sotto forma di contrapposizione voluta da una fazione dem maschile. Regista dell’operazione: il gruppo di Enrico Letta, il segretario nazionale che ha pure il controllo del partito isolano, commissariato a dicembre per arrivare a febbraio alla scelta del nuovo leader. Ma il traguardo è lontanissimo, di primarie nemmeno l’ombra.

Serve la (solita) premessa: il commissario del Pd sardo è da due mesi il deputato piemontese Enrico Borghi, mandato a vigilare sui dem da Cagliari e Sassari perché qui non si stava combinando nulla. C’era solo l’immancabile melina tra correnti e nessuna decisione presa. Letta ha così dato al fedele Borghi il compito di dare l’accelerata decisiva per togliere il Pd dallo stallo. Solo che ad oggi il commissario non ha convocato riunioni: i dem dell’Isola continuano a restare immobili in attesa che di un cenno da parte di Borghi.

Solo sottotraccia la corrente di Letta, guidata in Sardegna dall’ex deputato Marco Meloni, si è mossa. Prima puntando sulla deputata Romina Mura, classe ’70, ex area Cabras, ex sindaca di Sadali, ora scommettendo su Carla Bassu, classe ’79, docente universitaria di Diritto pubblico comparato.

C’è stato un momento in cui Meloni pare abbia dialogato convintamente con la Mura per arrivare all’investitura della deputata come segretaria, ciò che avrebbe significato concertire la Mura anche nella candidata del Pd alla presidenza della Regione.

La Mura, però, ha il problema di non essere disponibile a tempo pieno, quando invece il Partito democratico dell’Isola ha bisogno di una presenza fissa perché tutto è da ricostruire. Questo sul piano strettamente operativo. C’è poi il filone delle candidature, per cui non è detto che il posto da capolista preso dalla Mura alle Politiche del 2023 vada in automatico a Meloni, per il solo fatto che l’ex parlamentare lettiano accompagni il Pd fuori dal guado (se e quando sarà).

Ecco allora che è venuta fuori l’idea della Bassu, sassarese, prof e avvocata, figlia di Giuseppe che ugualmente insegnava all’Ateneo di Sassari, oltre a fare la libera professione. Il legame tra la Bassu e il Pd passa dalla Margherita, quella Dc morbida che si è chiamata Partito popolare italiano e piaceva tanto in casa Bassu, dinastia universitaria. Lo scorso aprile, La Nuova Sardegna dava la notizia dell’ingaggio della docente da parte di Letta. Il segretario nazionale ha scelto la Bassu per coordinare, insieme a un altro docente universitario, il comitato di esperti in materia di Costituzione, Democrazia e Riforme istituzionali.

Insomma, l’età lettiana del Pd sembra deporre a favore della professoressa che nel suo blog scrive di sé: “Figlia, sorella, moglie e mamma devota”, ha riportato sempre il giornale di Sassari. La Bassu è stata anche collaboratrice di Arel, l’Agenzia di Ricerca e legislazione fondata da Beniamino Andreatta, storico esponente dei Popolari. In Arel ha pure coordinato la rivista telematica di Arel su Europa, Lavoro ed Economia, diretta da due ex parlamentari del Pd, Tiziano Treu e Carlo Dell’Aringa.

Ma nel Pd sardo, oltre le mosse sottotraccia per la Bassu, non si muove foglia. I lettiani hanno comunque il problema di essere numericamente marginali nel partito sardo: per avere potere contrattuale devono muoversi insieme al gruppo di Renato Soru, ma non è detto che la Bassu sia un nome gradito ai dem che fanno riferimento al patron di Tiscali. Solo questo basta per capire quanto difficile sia la costruzione di un equilibrio tra i dem isolani. E al momento né Borghi né Meloni stanno riuscendo a cavare un ragno dal buco. (al. car.)

La nuova

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