“Ho vinto. E ora il Pd la smetta coi personalismi”

Parla Mario Bruno, il nuovo sindaco di Alghero espulso dal Pd ad aprile per essersi candidato alle amministrative con una propria lista.

Eccola qua la lezione gandhiana di Mario Bruno, il nuovo sindaco di Alghero eletto al ballottaggio di domenica col 56,8 per cento di preferenze. Ad aprile Bruno era stato ignorato dal “suo” Pd: si era presentato alle primarie, ma il partito le aveva annullate. Poi il tempo della derisione, con l’espulsione decisa dai vertici cittadini quando l’ex consigliere regionale aveva fatto sapere di correre comunque alle amministrative, attraverso una propria lista. Ancora: al primo turno del 25 maggio, il Pd aveva combattuto Bruno candidando Enrico Daga, arrivato solo terzo. Ma due giorni fa la vittoria. «Mi auguro – dice il nuovo inquilino del Municipio – che la guerra nel Pd sia davvero finita. I partiti non possono essere comitati elettorali, ma devono tornare a svolgere la loro funzione nobile, cioè quella di essere mediatori tra istituzioni e cittadini».

Sindaco, alla fine ce l’ha fatta.

«Inutile dire che sono contentissimo. Essere scelto per guidare la propria città è un’emozione grandissima, certamente pari al senso di responsabilità che sentiamo addosso per gli impegni promessi in campagna elettorale e da onorare».

Ma lei è o non è il sindaco del Pd?

«Io sono il sindaco di Alghero che in Sardegna ha contribuito a fondare il Partito democratico e l’ha rappresentato in Consiglio regionale, da capogruppo prima e da vicepresidente dell’Aula poi».

Un curriculum inutile per il segretario cittadino di Alghero, Mario Selis, che ad aprile l’ha espulsa.

«I personalismi non portano voti, questo mi pare evidente».

Di segno opposto la posizione del premier Matteo Renzi: da leader del Pd l’ha riconosciuta  a pieno nel partito mandando ad Alghero, per la chiusura della campagna elettorale di venerdì, il fedelissimo Luca Lotti, deputato e responsabile nazionale dell’Organizzazione.

«Vero. E Lotti è stato chiarissimo nell’endorsement verso la mia candidatura».

Lei chiederà la testa di Salis?

«Tra poche settimane ci sono i congressi cittadini. Saranno tesserati e militanti a decidere quale Pd vogliono. Io credo che ad Alghero in questa campagna elettorale siano emerse tre lacune: nel Pd manca la selezione della classe dirigente e troppe volte ci si improvvisa nella programmazione politica. La funzione nobile dei partiti, quella scritta all’articolo 49 della Costituzione, non esiste più. Il Partito democratico devono tornare a esercitare quel ruolo di mediazione tra istituzioni e cittadini assegnato dalla Carta».

In Sardegna, come a livello nazionale, queste amministrative hanno insegnato due cose: dove si sono fatte le primarie, c’è stato il cambiamento poi premiato alle urne. Nei Comuni in cui la nomenklatura ha imposto i propri candidati, il Pd ha perso.

«I cittadini hanno voglia di partecipare, il che significa essere protagonisti nelle scelte e delle scelte. Per questo dico che senza reticenza siamo chiamati a un cambio di passo. Essere democratici vuol dire esattamente aprire il partito alla base».

Venerdì, sul palco di Alghero c’erano anche il presidente Francesco Pigliaru e l’europarlamentare Renato Soru. Assenti Silvio Lai e le componenti di Antonello Cabras e Paolo Fadda. Da Alghero è cominciato il rimescolamento delle alleanze interne in vista del congresso regionale di ottobre?

«Credo proprio di sì. Lai, comunque, mi ha chiamato appena è diventata certa la nostra vittoria. È stato il secondo, dopo Soru».

Quando ha capito che avrebbe vinto?

«La lista civica “Per Alghero con Mario Bruno” è nata perché ce l’hanno chiesto i cittadini. Solo loro gli artefici di questo successo. Né io né gli altri consiglieri uscenti del Pd che mi hanno seguito in questa avventura, ci siamo mai sentiti soli. Abbiamo anche registrato la vicinanza del partito regionale dopo il primo turno del 25 maggio».

La dirigenza locale ha fatto una scelta diversa, lasciando libertà di voto.

«Come sia andata, è sotto gli occhi di tutti».

Lei insieme a Nicola Sanna, nuovo sindaco di Sassari, siete considerati dalla base democratica gli interpreti del cambiamento. Vi siete sentiti?

«Non solo ci siamo sentiti, ma prestissimo andremo insieme a Roma per aprire al tavolo nazionale la questione del Nord Ovest della Sardegna. Lo faremo di concerto con la Regione. Alghero e Sassari hanno bisogno di una nuova progettualità».

Che giunta farà?

«Una giunta politica».

Gli assessori (sei o sette) saranno scelti solo tra gli eletti?

«Per la gran parte sì. Non si può prescindere dall’investitura popolare, equivarrebbe a tradire l’essenza stessa del progetto e di quel diritto alla partecipazione a cui si siamo ispirati».

La priorità di governo?

«Ce ne sono almeno tre. Intanto la pulizia della città e il decoro urbano, sono la nostra cartolina di presentazione. Poi il lavoro: ad Alghero ci sono 12.600 disoccupati, un’infinita. Subito dobbiamo dare risposte anche sulla casa: per disperazione sono stati occupati l’ex tribunale e un ex albergo. In attesa di concordare con l’Agenzia regionale Area (ex Iacp) un piano per l’edilizia residenziale pubblica, chiederemo ai nostri imprenditori di vendere qualcuna delle case sfitte, a prezzi non di mercato. Del resto, in questi anni si è costruito senza Piano urbanistico comunale, quindi gli operatori del settore hanno potuto ottenere vantaggi. Ora facciamo la loro parte restituendo qualcosa alla città. È una questione di giustizia sociale».

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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