Marco Corrias ha lasciato Roma, è tornato a vivere a Fluminimaggiore dopo quasi cinquant’anni e si è candidato a sindaco. “Contro il degrado del mio paese – dice il giornalista e scrittore -: non posso più sopportare di vedere il nostro Frùmini Majori, dove sono nato sessantasette anni fa, così profondamente in agonia”. Corrias il cittadino più famoso di questa terra di miniere nel cuore del Sulcis e che grazie al piombo e allo zinco conobbe la sua massima espansione demografica nel ’61, con oltre 4mila residenti contro i tremila e spiccioli di oggi. Corrias l’inviato, anche di guerra, conosciuto dal grande pubblico su Canale 5, quando la sua penna aveva già riempito le pagine di Repubblica ed Epoca, oltre che quelle di Tutto quotidiano e La Nuova Sardegna, più i libri su Farouk Kassam, Mino Pecorelli e il Pozzo Zimmerman o l’ultimo intitolato ‘Piombo fuso’ e dedicato al deserto post industriale nella provincia di Carbonia Iglesias.
Corrias, gliel’hanno detto che la sua scelta sembra folle?
(Ride) I legami con la propria terra sono indissolubili. Per lavoro ho girato il mondo, ma a Fluminimaggiore non ho mai smesso di tornarci. E adesso sono di nuovo qui, in pianta stabile: questo paradiso ha bisogno di nuova energia. Con sempre maggior frequenza nei piccoli Comuni arriva il commissario per mancanza di candidati: non deve essere il caso di Fluminaggiore. Saremo noi, qui, a decidere sul nostro futuro”.
Alle urne si presenta con una lista civica, RipensiAmo Flumini: chi c’è dentro?
Di sicuro nessun partito, ma solo cittadini coi quali ci siamo impegnati a costruire un progetto. Cittadini che hanno votato sia a destra che a sinistra, ma insieme abbiamo deciso di superare le vecchie categoria della politica per concentrarci su una sfida. Quando un anno fa ho pensato di candidarmi e ho contattato le persone che oggi condividono con me questa straordinaria avventura, sapevo solo una cosa: in lista né fascisti né razzisti. È stata questa l’unica vera discriminante che ci ha permesso di arrivare insieme alle urne del 10 giugno”.
Di questi tempi è già moltissimo.
È il primo insegnamento che ho dato a mio figlio, oggi diciottenne e al quale ho sempre ripetuto una sola cosa: devi essere onesto e antifascista.
Quando dice di soffrire per il degrado di Fluminimaggiore, cosa intende?
Chi ha conosciuto il nostro paese negli anni della sua massima crescita, non può non provare fastidio per quel che si vede oggi: tutto è abbandonato, ogni cosa è lasciata solo all’incuria. E nemmeno esiste una prospettiva diversa. Noi vogliamo fare di Fluminimaggiore un piccolo grande borgo. Il nostro primo punto del programma è riportare la bellezza in questo spicchio di Sulcis.
Lo avete spiegato come farete a trovare i soldi?
Stiamo spiegando prima di tutto che a Fluminimaggiore non è potuto cambiare nulla perché il Comune non ha partecipato ad alcun bando. Né regionale né europeo e nemmeno ha mai fatto domanda per accedere alle risorse del Parco geominerario. Invece gli esempi di Sardara, Villamar, Sadali, Galtellì e Seneghe, per citarne alcuni, dimostrano che la rinascita è possibile perché sono tante le possibilità finanziarie garantite da Bruxelles. Servirà semmai reclutare professionisti preparati, capaci di lavorare ai progetti. Ma la lotta al degrado comincia dagli interventi più piccoli: anche un’aiuola realizzata diversamente, con passione e intelligenza, contribuisce a migliorare il paesaggio urbano.
Il recupero della bellezza come primo punto del programma. Poi?
A Fluminimaggiore devono rinascere le professionisti perdute: in passato il nostro è stato anche un paese di artigiani, non solo di minatori. Mestieri legati alla filiera edilizia, dai carpentieri ai muratori. Avevano i lavoratori più bravi del settore, i nostri venivano richiesti in tutta la Sardegna. Ma anche questa ricchezza è andata perduta. Quando parliamo di bellezza, intendiamo pure la cura delle facciate nelle strade e nei vicoli: il cosiddetto non finito sardo abbonda nel nostro paese. Bisogna invertire la rotta, bisogna costruire il borgo, come scriviamo nella seconda parte del programma.
Cosa contiene?
La strategia per arrivare al borgo. Apriremo da subito il confronto con la Regione: su Fluminimaggiore gravano i vincoli del Ppr (piano paesaggistico regionale) e quelli del Sic (sito di interesse comunitario). La tutela dell’ambiente va benissimo, è una parte della mia storia personale. Ma altra cosa, come succede a Fluminimaggiore, è un intero territorio sotto chiave. Non è possibile. Lo spazio non si conserva impedendone il suo uso. Noi non siamo interessati né ai villaggi turistici né ai grandi hotel. Noi puntiamo sui piccoli hotel, ma in grado di accogliere almeno un pullman di cinquanta posti, e sugli agriturismo e i b&b di qualità.
Su tutto cosa ci sarebbe da valorizzare?
Uno dei nostri fiore all’occhiello è la spiaggia di Portixeddu, a sette chilometri dal centro di Fluminimaggiore: uno spettacolo unico che va collegato quanto prima al paese anche attraverso una pista ciclabile. Ma lungo il litorale ci sono ancora troppi pochi servizi. Trascorrere una giornata in un posto così ha il suo fascino. Però tutto si riduce davvero a una sola giornata. L’altra faccia della medaglia è drammatica: ogni esclamazione su ‘non c’è nessuno, una meraviglia’, equivale a un giovane che deve fare la valigia perché qui non ha possibilità di lavoro. Una sorte che sempre più spesso tocca anche gli adulti. Certamente lasciare Fluminimaggiore, e io sono stato tra quelli, è un diritto. Ma deve essere una libera scelta, non l’unica alternativa alla fame.
Come si fa a costruire un’economia a metà tra il turismo di massa e quello di nicchia?
Una parte del programma è dedicata proprio al turismo della terza età. A Fluminimaggiore ci sono tra le quattrocento e le cinquecento case sfitte, in gran parte abbandonate. Bisogna riqualificarle e metterle sul mercato con contratti di locazione capaci di attrarre i pensionati del Nord Europa. Attraverso il modello della cooperativa di comunità, vogliamo poter creare una rete di servizi da garantire agli ospiti, in una sorta di assistenza permanente: dalla sanità alla spesa a chilometro zero, passando i trasporti.
Fluminimaggiore è uno dei ventinove Comuni sardi che non ha aderito ad Abbanoa: la sua lista vuole proseguire su questa strada?
Sì, con assoluta certezza. Fluminimaggiore, tradotto dal sardo, significa appunto fiume grande. Se una cosa non ci è mai mancata, questa è l’acqua. Il nostro territorio è sempre stato ricchissimo di sorgenti: noi non dobbiamo comprare la risorsa idrica da nessuno. Per questo sarebbe assurdo se venissimo salassati al pari di quei Comuni che l’acqua devono acquistarla. Le bollette esose di Abbanoa le teniamo lontane: vogliamo continuare a restare felicemente fuori dalla società. La battaglia legale, sul punto, non è finita: manca ancora il terzo grado di giudizio e ci impegneremo per vincere anche l’ultima partita.
Domenica 10 maggio la sua lista chi sfida alle urne?
Il nostro avversario è il sindaco uscente, Ferdinando Pellegrini.
Alessandra Carta
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