Gianvalerio Sanna contro il Pd: “Altro che primarie, deciso tutto a Roma in base alle correnti”

Gianvalerio Sanna, consigliere regionale del Partito democratico ed ex assessore all’urbanistica nella giunta Soru, ha pubblicato una nota sulla sua esclusione dalle primarie del Pd del 30 dicembre scorso. Sanna infatti presentò la richiesta di deroga, che fu però respinta. A distanza di un mese, il politico oristanese torna sull’argomento e attacca a testa bassa le ‘dinamiche interne’ al suo partito, dove “il rapporto fra diritti e doveri è una facoltà, non una regola. Capisco che, al contrario, coloro che appartengono a collaudati circuiti di fedeltà politica godono di opportunità e di diritti superiori a quelli di chi invece cerca ogni giorno più semplicemente di onorare meglio che può il mandato dei cittadini”.

Secondo il consigliere regionale il Pd ha fatto “solo finta di superare l’impopolarità di una legge elettorale ed al contrario” ha operato per “selezionare, escludere, impedire, invece che lasciare esprimere liberamente la volontà popolare, ed esercitare conseguentemente a piene mani la cooptazione tanto cara alle segreterie di partito”.

Ecco il testo completo della nota diramata dal consigliere regionale.

 

Gian Valerio Sanna: “Il rispetto delle regole misura la civiltà di un popolo”

26/01/2013

Mi ritrovo ancora a domandarmi per quale ragione sia stato l’unico in Sardegna a non aver potuto godere dell’opportunità di partecipare alle primarie del PD.

Opportunità appunto, non l’ho voluta chiamare appositamente diritto, perché un diritto è una cosa seria e si riferisce ad organizzazioni dove la divisione fra i diritti e i doveri è molto chiara e dove il peso delle regole di convivenza e di buon funzionamento dell’organizzazione, e dunque dei suoi stessi obiettivi, si affianca a conseguenti diritti che spettano a coloro che dei doveri e dei fini sono i principali custodi e rappresentanti.

Se vuoi il riconoscimento di un diritto dimostra di aver rispettato i tuoi doveri! Di qualunque natura essi siano: doveri di responsabilità di una rappresentanza o di una funzione da esercitarsi con onore nell’interesse di ciò che si è chiamati a rappresentare.

Nel PD sardo è stato così? Non ho ancora una risposta a questa domanda.

La cerco interrogandomi prima di tutto se sia stato all’altezza dei miei doveri nei confronti del mio partito: doveri politici, morali, istituzionali, finanziari, di trasparenza, di impegno e di dedizione tali da meritarmi qualche diritto.

La cerco in me stesso ben sapendo che la risposta è facilmente leggibile per contrasto, osservando quello che il Partito ha deciso ignorando in generale le regole fissate prima ancora di evitare scientemente qualunque verifica dei doveri dovuti a ciascuno dei suoi componenti e, con una sfrontatezza impareggiabile, spesso neppure dando una minima giustificazione delle decisioni assunte.

Capisco dalla normalità con cui si vivono certi paradossi e dalla stessa negazione di elementari comportamenti di democrazia che nel PD il rapporto fra diritti e doveri è una facoltà, non una regola. Capisco che, al contrario, coloro che appartengono a collaudati circuiti di fedeltà politica godono di opportunità e di diritti superiori a quelli di chi invece cerca ogni giorno più semplicemente di onorare meglio che può il mandato dei cittadini.

Capisco l’enfasi delle primarie e la successiva ricerca di una “conventio ad excludendum” per fare solo finta di superare l’impopolarità di una legge elettorale ed al contrario selezionare, escludere, impedire, invece che lasciare esprimere liberamente la volontà popolare, ed esercitare conseguentemente a piene mani la cooptazione tanto cara alle segreterie di partito.

Capisco persino che è forse inutile cercare una spiegazione in ciò che risulterebbe a molti del tutto inspiegabile.

Leggo tuttavia di intenzioni di voto che non crescono più come prima e preoccupazioni e nervosismi che non si avvertivano quando le primarie per la leadership erano state presentate come una vera e propria svolta rispetto all’autoreferenzialità di una classe politica oramai chiusa ed assediata nel fortino.

Leggo di una classe dirigente che dice a Cagliari cose diverse da quelle che costruisce e afferma a Roma, come accadde ai marinai di Ulisse che andarono nell’isola dei Lotofagi per saggiarne l’eventuale ostilità e una volta immersi nelle ospitali libagioni dell’isola dimenticarono di ritornare sulle navi a rendere conto della missione. Leggo di dirigenti che si sono “dimenticati del ritorno”, ovvero si sono dimenticati di stare in un progetto per il quale avevano ottenuto una chiara legittimazione, senza approfittare delle posizioni ricoperte. Leggo alla fine di un ciclo compiuto i risultati deludenti ed inesistenti rispetto ad un percorso che si era segnato con un ormai noto ordine del giorno che indicava gli obiettivi condivisi, per i quali stare ancora insieme.

Ne devo dedurre, non senza amarezza, che per quello che mi riguarda a volte è meglio stare da soli in coerenza piuttosto che fingere insieme con ipocrisia. So bene, nonostante tutto, che il PD è ancora assai meglio di tanti altri partiti che neppure ci provano a voler essere democratici, e dunque non mi sottrarrò neppure questa volta ai miei doveri di impegno e di fedeltà a un’idea per me ancora alta della politica e del servizio.

So altrettanto chiaramente che la via intrapresa potrebbe essere una strada suicida per i riformisti e che i molti consensi bruciati sovvertendo le regole fissate, prima, durante e dopo che i cittadini si sono espressi, sono l’esito di un grave atto di inganno che va riparato ben al di là delle pur giuste rivendicazioni autonomiste del partito in Sardegna. Il rispetto delle regole, infatti, viene molto prima della politica e dell’autonomia, perché è materia che attiene semplicemente alla civiltà di un popolo. Dal rispetto delle regole per altro si guadagna la credibilità che in politica è indispensabile per vincere e convincere.

So di essere in credito di una spiegazione, che comunque attenderò e che penso sia giusto pretendere fino a quando avrò ancora la forza di riconoscermi in una speranza di democrazia piena e compiuta per il futuro degli uomini, finché insomma riuscirò ad essere indomito difensore dell’idea che il rapporto fra diritti e doveri è determinato dal merito, dalla responsabilità, dall’onestà e dalla trasparenza con cui un partito riesce ad incarnare i valori di libertà e di democrazia prima di tutto a partire dai suoi più diretti rappresentanti.

Gian Valerio Sanna

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