Gallura, Provincia addio. La sua storia attraverso 10 spietate istantanee

Da vessillo della presunta autonomia della Gallura, a carrozzone politico, fino al referendum e al commissariamento votato dalla maggioranza in Consiglio regionale. Gian Domenico Mele ha scritto – attraverso dieci istantanee dei suoi protagonisti – una breve storia della provincia di Olbia-Tempio. Con una definizione sintetica per ciascuno di essi. Dieci i personaggi (alcuni, in tre, ne fanno uno solo), ma molte di più le poltrone occupate o perdute. Ecco la Spoon River di una Provincia sedotta e commissariata.

PIETRO CARZEDDA. Presidente, anzi vice, quasi a sua insaputa, dopo l’addio di Fedele Sanciu per autoimposta incompatibilità. Ha sbraitato contro il Pdl di cui è stato coordinatore provinciale, evocando prossimi scippi come il tribunale di Tempio e la Asl di Olbia, che verrebbero accorpati a Sassari. Pochi giorni fa accanto a quel Cappellacci che ora considera un traditore inaugurava il ponte sul fiume Padrongianus dopo solo sei anni di attesa, tra sorrisi e abbracci calorosi. CONFUSO

ANTONIO PERINU. Capogruppo del Pd in Consiglio provinciale, si è scoperto essere in realtà privo della tessera del partito. Poco male, tanto aveva deciso di non dimettersi dopo il pasticcio di Sanciu, mentre tre suoi colleghi, in coerenza con le decisioni del partito stesso, lasciavano lo scranno. E’ rimasto attaccato alla poltrona e ora invoca tutti i tribunali del Regno. Infine avanza la moderata proposta di impedire fisicamente l’ingresso del commissario in provincia. COLPO DI SOLE

PATRIZIA BIGI, TORE MARRONE, LUCA MONTELLA. Tra tutti i personaggi in cerca d’autore, loro lo sono un po’ più degli altri. Una specie di società in nome collettivo di confusi e (in)felici. Mentre il loro partito, i Riformatori, cavalcava il referendum per l’abolizione delle Province e poi ne chiedeva il rispetto, loro andavano avanti come se nulla fosse. La Bigi entrava in Consiglio quasi a tempo scaduto, Montella invocava, quasi in lacrime, la tutela dei dipendenti che anche i muri sanno che non perderanno il lavoro. Cosa fare? Marrone e la Bigi due giorni fa hanno lasciato il partito. Due giorni fa. PASDARAN

GIANNI GIOVANNELLI E GIAMPIERO SCANU. Sindaco e deputato ritrovano l’armonia per un ricorso al Tar contro il commissariamento della Provincia, votato da tutto il Consiglio comunale di Olbia. “Difendere il territorio e anni di battaglia autonomistiche”, annunciano in coro. Si evoca la guerra, si sbandiera la ribellione. Ma soprattutto si pensa alle prossime elezioni regionali. IL GATTO E LA VOLPE

GIANFRANCO BARDANZELLU E MATTEO SANNA. Ecco i due consiglieri regionali del centrodestra nel mirino di (ex)amici e nemici galluresi. Il primo, fronte Pdl, ha votato per il commissariamento. Il secondo, fronte Fratelli d’Italia, scatenando l’ira funesta dei colleghi, ha disertato la votazione per improrogabili e precedenti impegni. Presenza e assenza che li condannano alla pubblica gogna. IMPALLINATI

PIETRINA MURRIGHILE. Lei non c’entra con l’abolizione della provincia gallurese. O forse sì. La prima “signora della Gallura”, l’avvocato scelto da Soru come primo presidente della neonata provincia, era partita male con un’intervista a Report in cui rivelava come la domestica la vedesse novella Nilde Jotti. L’esempio non fu proprio calzante, neanche come auspicio, visto che, perso un anno buono per decidere di istituire un doppio capoluogo (Olbia e Tempio), pagare l’affitto per quattro sedi istituzionali, rimpasti, colpi bassi e una generale incapacità amministrativa, si arrivò a una ingloriosa fine politica della sua giunta. AMARCORD

FEDELE SANCIU. Lo diciamo con malcelato rammarico: a suo modo, un genio. Vince le elezioni, si insedia da presidente della Provincia quando è già senatore del Pdl. Gli si fa presente che forse sarebbe il caso che abbandonasse uno dei due scranni: tergiversa e dice che il suo posto a Palazzo Madama garantisce che possa ottenere molto per la Gallura. Nel frattempo: niente Questura, infrastrutture ferme, tagli a pioggia. Allora qualcuno pone la questione dell’incompatibilità. La Provincia paga gli avvocati mentre lui replica indignato contro chi metta in dubbio la sua buona fede. Cade il governo e lo ricandidano al Senato. Deve scegliere quale poltrona lasciare. Secondo voi? Ma qui il colpo di teatro. Si fa dichiarare incompatibile dalla sua stessa maggioranza. La Provincia è finita, per lui. Prima sparava a zero ogni tre per due contro chi invocava l’abolizione dell’ente. Ora che fa? Uno dice: avrà scatenato l’inferno contro Cappellacci. Manco per sogno. Lo danno disperso. Neanche una parola. Pare sia in qualche stanzino dell’Autorità portuale aspettando che il 20 luglio arrivi Cappellacci e gli dia l’incarico. Morto un ente se ne fa un altro. IL MUTO DI GALLURA

SETTIMO NIZZI. C’è già chi scommette su qualche nome buono per i commissari in quota Pdl, che l’ex sindaco e deputato vorrebbe avallare. Settimo Nizzi è olbiese doc, della Provincia però non gli è importato mai granché. Sarà pure che è il coordinatore regionale del Pdl e che fare sue le battaglie dei nemici giurati Giovannelli e Scanu gli provoca una brutta orticaria. Fatto sta che qualcuno evoca la sua assenza dialettica a sostegno della battaglia fuori tempo massimo per l’ente gallurese. Scommettiamo che al primo sussurro sull’abolizione del Consorzio industriale provinciale, di cui è presidente, saranno dolori? IL MUTO DI GALLURA 2 -LA VENDETTA

QUIRICO SANNA. Avvocato, sardista, consigliere provinciale e poi assessore al Lavoro, rappresenta uno dei più battaglieri sostenitori dell’ente commissariato da Cappellacci e compagnia. Imperversa sui social network, imponendo la sua matrice autonomista, sconsigliando posizioni intermedie: divide il mondo in galluresi e non. A suo modo emblema di quel Partito Sardo d’Azione che, con Giacomo Sanna in sella, dopo aver consegnato bandiere dei Quattro Mori a Berlusconi, sostenuto la giunta Cappellacci, navigato a vista tra ideologia filo leghista e accordi incestuosi col centrodestra, in previsione di una nuova tornata elettorale riscopre il valore di essere sardi. A prescindere. ESODATO

UGO CAPPELLACCI. Zelig gli fa un baffo. E non parliamo della trasmissione comica, ma del personaggio reso immortale dall’omonimo film di Woody Allen. Un uomo per tutte le stagioni, soprattutto quelle elettorali. Passa un anno “in sonno”, poi decide di dare attuazione al referendum con i commissari. Scatena un putiferio, ma toglie di mezzo enti inutili che, fatto non secondario, sono quasi tutti amministrati dal centrosinistra. Tranne la Gallura, dove tra l’inaugurazione di piazze e ponti, annunci di accorpamenti della Asl e accordi per la presidenza dell’Autorità portuale, rischia di diventare una di quelle foto con scritto “Wanted” dell’antico West. Ma lui va avanti. Autonomista sulla via di Damasco, cavalca la spending review, ma lui e la sua maggioranza si dimenticano che nel voto referendario c’era anche l’abolizione dei cda degli enti strumentali della Regione. Lì dove, però, si annidano burocrati e politici legati a voti, clientele e potere. QUINTO MORO

Gian Domenico Mele

 

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