La Giunta regionale ha approvato la nuova proposta organica delle aree non idonee alla realizzazione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili (solare, eolica, bioenergie, geotermia e idraulica), Nel contempo dà la possibilità di revamping (ammodernamento) e repowering (potenziamento) delle strutture già esistenti, per permettere alle aziende del settore dell’energia di programmare nuovi interventi nel pieno rispetto delle indicazioni regionali sulla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, attraverso una mappa.
Tra le zone ritenute non idonee all’installazione di impianti cosiddetti Fer vi è un elenco abbastanza scontato che comprende le aree naturali protette, quindi quelle di particolare pregio naturalistico o scientifico, nonché gli spazi interessati da produzioni agricolo-alimentari di qualità o quelli interessati da situazioni di dissesto o rischio idrogeologico. Esclusi anche gli insediamenti storici, monumentali, architettonici o i siti archeologici. Blindati pure parchi, isolette, dune, spiagge, aree rocciose, grotte e caverne, monumenti naturali, laghi naturali, dighe o invasi.
Le aree e i siti non idonei saranno rappresentati sul portale tematico SardegnaGeoportale. Il provvedimento riguarderà tutti i procedimenti avviati successivamente alla data della sua pubblicazione sul sito web della Regione Sardegna. “Vogliamo favorire investimenti di revamping e repowering dell’eolico esistente con macchine più evolute ed efficienti, sfruttando la buona ventosità di siti già conosciuti e utilizzati – ha spiegato l’assessora dell’Industria, Anita Pili -. La mappa dei poli energetici della regione deve essere calibrata sulle esigenze e sulle peculiarità dei territori: la sua ridefinizione ci consente di conciliare le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio, dei territori rurali e di quelli adibiti alle produzioni agroalimentari, con l’aggiornamento della normativa sulla localizzazione degli impianti. La valorizzazione delle fonti di energia rinnovabile è fondamentale per la nostra regione. Attraverso un lavoro di analisi e fotointerpretazione di immagini aree è stato anche possibile individuare le zone preferenziali per la realizzazione degli impianti, quali ad esempio aree industriali dimesse e opportunamente bonificate, denominate aree ‘brownfield’ (terreni che potrebbero essere potenzialmente contaminati)”.