È “critica ma propositiva” la posizione di Anci, Consiglio delle autonomie locali, Unione province sarde e associazioni degli enti locali (Asel a Aiccre) sulla Finanziaria 2015 da oltre 7,7 miliardi di euro. Il presidente del Cal, Giuseppe Casti, sottolinea l’ulteriore diminuzione del fondo unico degli enti locali rispetto al 2013, complessivamente 35 milioni che mancano all’appello rispetto ai 550 mln messi in bilancio (499 per i Comuni e 51 per le Province), il congelamento dell’aumento della percentuale dal 3 al 9% della quota del Fondo destinato alle Unioni dei comuni in attesa dell’attuazione della riforma territoriale.
“Si tratta di 15 milioni che verrebbero da tagli ai comuni – spiega – e in particolare Cagliari perderebbe tre milioni, Sassari due e altre città come Oristano o Carbonia dai 500 agli 800 mila euro. Inoltre chiediamo di ripristinare 30 milioni al Fondo per la povertà in ragione del mancato abbattimento del 70% dell’aliquota Irap – aggiunge – infine crediamo che l’articolo 5 che riguarda le opere pubbliche debba essere stralciato”. Lunedì 19 il Cal si riunirà durante l’assemblea generale dell’Anci ad Abbasanta per esprimere il parere istituzionale sulla Manovra, previsto dalla legge.
“Il nostro giudizio diventerà positivo se verranno accolte alcune istanze a partire da un grande rilancio Vertenza entrate, che significa riaprire il tavolo con lo Stato, con la Regione che deve mettersi alla testa di un movimento di popolo su questo tema – osserva il presidente Anci Sardegna, Piersandro Scano -. Crediamo sia giusto ricorrere all’indebitamento in questa fase nella quale non si può pensare solo all’austerità, ma sulle finalità si può discutere: non ci convince la proposta fatta nella Tabella F allegata alla Manovra che precisa le finalità di spesa, perché servono operazioni strategiche e non una molteplicità di interventi”.
Agli enti locali non piace neppure il ruolo che potrebbe ricoprire Area come centrale di progettazione di tutte le opere di intervento regionale (“ci sembra un’operazione rischiosa e poco convincente”) e oltretutto “nella valutazione critica influiscono i rapporti tra enti locali e Giunta sul definanziamento delle opere pubbliche, una questione – sottolineano – ancora aperta e non superata”.
Il rettore dell’Università di Cagliari Giovanni Melis. La Finanziaria 2015 è da modificare e “non deve venir meno il sostegno dato agli atenei sardi in questi anni”. Lo sostiene il rettore dell’Università di Cagliari, Giovanni Melis, in merito alle politiche attive a favore degli atenei sardi, nel corso dell’audizione sul provvedimento in Commissione Bilancio del Consiglio regionale.
“Non è più previsto il finanziamento della mobilità studentesca internazionale (3,2 milioni nel 2013) fattore formativo decisivo per inserire i nostri giovani nel contesto culturale internazionale ed indicatore di premialità per il Ministero – spiega Melis -. Il finanziamento per la ricerca subisce un ulteriore taglio di 7 mln sulla legge regionale 7/2007, pari a quello già subito nell’assestamento 2014, la somma stanziata per i due Atenei (5 mln) è del tutto inadeguata per dare continuità ai progetti in corso che stanno decisamente migliorando l’accreditamento nel sistema scientifico internazionale – aggiunge -. Inoltre il finanziamento per le borse di specializzazione mediche e non mediche viene quasi dimezzato passando da 11 mln nel 2014 a 6,9 mln creando una ulteriore penalizzazione nel diritto allo studio dei giovani ed alla formazione del capitale umano regionale”.
Secondo Melis “l’Ateneo di Cagliari, anche grazie al sostegno lungimirante dell’amministrazione regionale ha fino ad oggi attenuato gli effetti delle politiche ministeriali e mantiene in equilibrio l’indice di solidità economica-finanziaria, parametro che il Ministero utilizza per consentire il recupero del turnover e per l’attivazione di corsi di laurea, ma l’introduzione del criterio del numero degli studenti regolari nell’attribuzione del finanziamento ministeriale fa emergere difficoltà strutturali negli atenei sardi e meridionali. Quanto meno nel breve periodo è molto difficile ridurre il numero degli studenti fuori corso quando, inoltre, i servizi per il diritto allo studio sono meno efficaci, determinando difficoltà nell’accesso agli studi e un forte tasso di pendolarismo, che non aiuta nella regolarità degli studi e penalizza l’attrazione di studenti da altre Regioni”.