Per qualcuno è una speranza, per qualche altro uno spettro: lo scioglimento del Consiglio regionale e il ritorno alle urne. Perché dietro le due facce che riguardano la corsa alle rinnovabili da una parte, e la guerra alla “speculazione” legata alle rinnovabili dall’altra, qualcuno ipotizza anche un eventuale ritorno alle urne.
Non a caso, all’ombra delle iniziative pro Sardegna, si consuma anche lo scontro politico tra Centro destra e Centrosinistra. Ad accendere la miccia è stata la corsa alle fonti energetiche green che ha visto crescere progressivamente le richieste di connessione a Terna.
Nell’arco di non molto tempo, infatti, il numero di istanze per impianti a terra, eolici e fotovoltaici, e a mare è cresciuto a dismisura superando anche quota 850.
Numeri che hanno preoccupato gli amministratori comunali e i comitati, associazioni e movimenti al punto di riproporre la questione ai candidati alle regionali. E poi iniziative in campo con Consigli comunali aperti, dibattiti e opposizioni.
Dopo l’insediamento del nuovo Consiglio regionale il primo provvedimento della Giunta Todde: Il disegno di legge, licenziato dall’esecutivo e approvato dal Consiglio regionale con 32 voti a favore, uno contrario e 21 astenuti. Formalmente, in Consiglio regionale, sono tutti contrari all’assalto alla Sardegna ma diverse sfumature fanno la differenza con le astensioni. Il disegno alla fine diventa legge facendo scattare la sospensione per 18 mesi dei progetti non ancora cantierati. Per il centrosinistra, che nel frattempo avviato le procedure per l’individuazione delle aree idonee non c’è spazio per brindare. A oscurare questo primo risultato arriva la proposta di legge di iniziativa popolare che parte con la raccolta di firme nei vari centri della Sardegna con l’obiettivo di fermare la “speculazione energetica”.
Il Centrosinistra, che registra qualche defezione, fa muretto sulla norma della Giunta Todde e punta a chiudere la pratica con la definizione delle aree idonee. La raccolta di firme viene quasi benedetta dal Centrodestra oltre che da un popolo trasversale composto da amministratori e dirigenti locali (anche targati Pd). Proprio in questo campo si consuma la nuova contrapposizione con il Centrosinistra che cerca di chiudere l’intera partita con la mappa delle aree idonee entro gennaio e il centro destra che, da una parte strizza l’occhio alla raccolta firme e dall’altra però è vicino al Governo che ha impugnato la norma. Quella che negli ambienti di centrosinistra chiamano «contraddizione in termini». C’è poi un altro aspetto che echeggia. Se la mappa delle aree idonee non dovesse essere approvata entro gennaio c’è già chi scommette su una richiesta di dimissioni dell’intero Consiglio regionale con conseguente ritorno alle urne. Possibilità non certo gradita dal popolo degli eletti da meno di un anno.
Stessa cosa però se il disegno di legge di iniziativa popolare non dovesse avere un percorso spedito, cioè applicazione prima del provvedimento che traccia la mappa delle aree idonee. Resta ora un quesito che riguarda il dopo. Se una volta individuate le aree idonee e appurato che per raggiungere la potenza stabilita per garantire gli obiettivi sulle rinnovabili, si scoprisse che all’appello manca un’estensione minore dell’1% del totale delle superfici regionali disponibili e idonee cosa si fa?
d. ma.