Danneggiò la Regione: Cappellacci lo nomina manager di Laore

Nove anni dopo la pensione torna in pista Antonio Monni. Ovvero l’ex direttore generale dell’assessorato regionale all’Agricoltura, allora retto da Felicetto Contu, nei primi anni 2000.

Monni, nato a Burcei il 4 luglio del 1942, rientra in Regione dalla porta principale, visto che poche ore fa il presidente Ugo Cappellacci lo ha nominato direttore generale di Laore, l’Agenzia per l’attuazione dei programmi in campo agricolo.

E che c’è di strano? Probabilmente il fatto che si parli dello stesso Monni che nel 2008 è stato condannato dalla Corte dei conti per danno erariale. Ai danni della Regione, ovviamente, visto che i fatti contestati si riferiscono al periodo 2003-2004, quando il neo dg di Laore era direttore generale dell’assessorato all’Agricoltura.

A distanza di quattro anni quindi, Cappellacci affida la poltrona più importante di un’agenzia regionale a una persona che si è distinta per aver danneggiato proprio la Regione.

Nello specifico, a Monni vennero contestati due incarichi di consulenza a favore di Giuliano Guida, ex segretario generale del Cisi (il Centro internazionale studi industriali) condannato nel giugno scorso a 2 anni e mezzo per peculato (in primo grado gli anni furono cinque) e accusato anche di abuso d’ufficio e turbativa d’asta, reati questi ultimi poi caduti in prescrizione.

Un soggetto talmente dotato delle alte professionalità richieste per giustificare una consulenza esterna, Giuliano Guida, da non essere nemmeno laureato, come venne appurato durante le indagini sul Cisi.

La vicenda, messa nero su bianco dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti nelle 28 pagine che compongono la sentenza, è piuttosto articolata quanto chiara: nella gestione degli incarichi di consulenza assicurati a Guida, Monni si è macchiato di una “colpa gravissima”.

Ecco perché l’otto luglio del 2008 arriva la sentenza di condanna: l’ex direttore generale, andato in pensione nel giugno di quattro anni prima, deve versare nelle casse della Regione poco meno di 36mila euro, oltre a pagare le spese processuali.

I fatti però raccontano un’altra storia. Esattamente un anno dopo la sentenza, quindi nel luglio 2009, Monni presenta quella che in gergo giuridico è detta “istanza di agevolazione”. Tradotto: anziché versare 36mila euro, Monni se la cava con un assegno di poco superiore agli 8mila. E la seconda sezione giurisdizionale d’appello dichiara, ai sensi di legge, estinto il giudizio d’appello per cessata materia del contendere.

La sostanza però non cambia: Monni ha arrecato un danno alle casse della Regione ma, anziché pagare quanto dovuto per intero, beneficia di uno ‘sconto’. Lo permette la legge.

Il sistema messo in luce dalla Corte dei conti ricalca un canovaccio già noto. In primis, c’è il potere politico che si interseca con la gestione amministrativa: ambiti che, dicono le leggi, dovrebbero rimanere ben separati. Quindi, compare la distribuzione di incarichi a consulenti esterni per conoscenze personali o su indicazioni politiche, senza peraltro che l’amministrazione ne abbia bisogno e, ancora peggio, ne tragga benefici.

Insomma: un classico esempio di come i soldi dei contribuenti vengano sprecati. Stavolta, anche grazie all’attenzione della Corte dei conti, è andata diversamente.

Rimane però una domanda fondamentale: non si capisce il bisogno di mettere a capo di un’agenzia pubblica – che muove ogni anno milioni e milioni di euro – una persona che ha già ampiamente dimostrato di non possedere le caratteristiche, de facto, per occupare quel ruolo.

Che altro avrebbe dovuto fare Antonio Monni per far desistere il presidente Cappellacci dal nominarlo a Laore, essere condannato dalla Corte dei conti per danno erariale?

Pablo Sole

sole@sardiniapost.it

 

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