D’Alema a Cagliari: “Serve congresso nel Pd, mai detto che farò un nuovo partito”

Massimo D’Alema a tutto campo: dal Pd al centrosinistra passando per il referendum costituzionale di dicembre, la nuova legge elettorale e il Muslim ban di Trump.

Lo ripete una volta e un’altra ancora, Massimo D’Alema, tornato a Cagliari dopo anni per intervenire al V meeting internazionale sulle politiche del Mediterraneo. “Da parte mia – dice l’ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri – non esiste la volontà di fondare alcun partito. Mi piacerebbe invece discutere democraticamente nel mio, il Pd”.

Coi giornalisti parla per una ventina di minuti D’Alema, nella hall dell’hotel Regina Margherita, quando sono le 17,30. Gli immancabili occhiali, un completo grigio scuro, la camicia celeste e la cravatta in tinta con l’abito. L’avvio è scherzoso. Quando gli chiedono se “tutti sono liberi”, in riferimento alla possibilità di lasciare il Pd, il due volte ex premier (per 552 giorni complessivi), replica con una battuta. “Però lo metta come virgolettato suo, perché la mia posizione è ben diversa. Io ho detto che nel Pd serve un congresso, viste le tante e importanti cose successe dall’ultimo (l’8 dicembre del 2013, quando Matteo Renzi divenne segretario dopo la sconfitta del 2012 contro Pierluigi Bersani). Se poi ciò non dovesse avvenire, ciascuno si sentirà libero”. D’Alema fa anche notare: “Quando nel mio partito ho chiesto il congresso, non ho ricevuto alcuna risposta nel merito, solo insulti”.

D’Alema spiega quindi la genesi della notizia che da giorni occupa le prime pagine dei quotidiani nazionali circa la possibilità di un’alternativa politica al Pd, secondo un progetto di cui gli viene intestata la paternità. “Io, come voi, l’ho letto sui giornali, per via di due sondaggi commissionati da Porta a Porta e secondo i quali una nuova ipotetica forza politica di sinistra raccoglierebbe tra l’11 e il 14 per cento“.

Tuttavia sul ritorno anticipato alle urne – su cui tanto Renzi spinge dietro le quinte – D’Alema frena. E sottolinea: “Qualcuno vorrebbe far precipitare il Paese verso le elezioni politiche. Invece sarebbe utile a tutti scrivere una nuova legge elettorale senza le esagerazioni dell’Italicum, anche perché col proporzionale puro si rischia un ingorgo. In secondo luogo bisognerebbe lavorare alla correzione di taluni altri provvedimenti come il Jobs Act che sui voucher ha prodotto la situazione che tutti conosciamo. E comunque più che far nascere un nuovo partito, serve rifondare il centrosinistra”.

A chi gli fa notare che è diventato “il centro di gravità permanente della politica nazionale”, D’Alema fa spallucce. E non commenta nemmeno il fatto che perfino Giuliano Pisapia, ideologo del “Campo progressista” dopo lo scioglimento di Sel, avrebbe intenzione di aprile il dialogo con D’Alema sulla nuova forza politica a sinistra del Pd (come scritto da Paola Bacchiddu su Affari italiani). Per la stessa ragione, cioè il non avere intenzione di dare vita a un nuovo partito, l’ex titolare della Farnesina non non risponde neppure alla domanda su un’eventuale leadership dell governatore pugliese Michele Emiliano. Idem sul Pd sardo, “non ne seguo le vicende”, fa sapere.

D’Alema non ama parlare dell’ex sindaco di Firenze. Ma a domanda precisa lo bolla come “poco democratico”, quando gli si chiede se il Pd a guida Renzi abbia finito per riabilitare la figura di Walter Veltroni come leader del Pd, di cui D’Alema non ne ha mai condiviso la gestione (ma i due sono avversari dai tempi del Pci). Sul punto il due volte ex premier osserva: “Non mi piace rispondere a queste domande che sembrano gossip e fanno scadere la politica, ma Veltroni era meno arrogante, meno autonomo, meno supponente e più democratico dell’attuale (segretario)”.

Non manca un passaggio sulla riforma costituzionale, bocciata dagli italiani lo scorso 4 dicembre. Pure in quell’occasione D’Alema ci mise la faccia impegnando in una lunga campagna a sostegno del No. “La riforma era confusa e per di più accompagnata da una chiamata alle urne impostata su un plebiscito al Governo. Ma è stata rimediata solo una spaventosa sconfitta. Si ricordi che l’82 per cento dei giovani tra i 18 e 24 anni l’ha bocciata. Mi chiedo – è il riferimento al Pd – dove voglia andare un partito che ha contro otto ragazzi su dieci”.

L’ultima riflessione di D’Alema è sul Muslim ban, l’ordine esecutivo col quale il presidente Donald Trump ha deciso di chiedere le frontiere americane ai cittadini di sette paese a maggioranza islamica (Siria, Libia, Iraq, Iran, Somalia, Yemen, Sudan). “È un provvedimento orribile e non può che aggravare la situazione attuale del Medio Oriente. Col Muslim ban l’Occidente rischia di rinnegare i proprio valori facendo un regalo all’Isis. Negli Stati Uniti si è detto contrario anche John McCain, un conservatore (candidato alla presidenza nel 2008).

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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