Stop agli spari ad aria compressa effettuati dalle compagnie petrolifere per rilevare la presenza di giacimenti di idrocarburi sottomarini, l’impiego della tecnica nota come “airgun” diventa reato punibile da uno a tre anni. L’ha stabilito il Senato con l’approvazione dell’emendamento al ddl sugli ecoreati presentato da Giuseppe Compagnone (GAL) e Antonio D’Alì (FI). Dopo le modifiche apportate a Palazzo Madama, il disegno di legge di iniziativa governativa approda ora alla Camera per la terza lettura. Nell’Isola, si è incominciato a parlare di “airgun” in seguito alle richieste di prospezione geofisica dei fondali del Mar di Sardegna presentate al Ministero dell’Ambiente da Schlumberger Italia e TGS Nopec Geophysical Company Asa. Le due compagnie avrebbero voluto impiegare la tecnica degli spari ad aria compressa (delle esplosioni di intensità variabile tra i 240 e i 260 decibel previste ogni 15 secondi per ventiquattro ore al giorno) su un’area di oltre 21.000 Kmq compresa tra Capo Mannu (Or) e Capo Argentiera. Alla Schlumberger il permesso è stato negato lo scorso novembre per l’eccessiva vicinanza della zona interessata dalle ricerche all’area marina protetta del Santuario dei Cetacei. La Commissione Valutazione Impatto ambientale del Ministero non si è invece ancora espressa sulla richiesta della società norvegese. Ma il diniego del permesso richiesto dalla Schlumberger e l’approvazione dell’emendamento al ddl sui crimini ambientali– che in ogni caso non preclude un’eventuale via libera a prospezioni geofisiche condotte con tecniche diverse dall’airgun e alla successiva fase di sfruttamento dei giacimenti – inducono a ritenere che anche questa richiesta verrà respinta.