il presidente della regione sardegna

Condotta anti-sindacale di Solinas, illegittime le nomine di 5 Dg: ecco chi perde il posto

Alessandra Carta

Cinque Dg della Regione non possono più stare dove sono. Per colpa di Christian Solinas e della Giunta, protagonisti un anno fa di una condotta anti-sindacale che ha reso nulla la delibera 27/14 che ha fatto da cornice alle nomine dei quadri. Era il 9 luglio del 2021 quando il documento in questione venne approvato per cambiare proprio le regole di ingaggio dei direttori generali. Ma ciò avvenne senza informare preventivamente lo Sdirs, l’organizzazione dei lavoratori che in Regione rappresenta i vertici amministrativi.

La condotta anti-sindacale l’ha accertata la giudice Daniela Coinu che ha emesso un decreto col quale è stato accolto uno dei due rilievi contenuti nel ricorso presentato dallo Sdirs attraverso l’avvocato Salvatore Pilurzu. Si tratta nella fattispecie della violazione della legge 31/98 sull’organizzazione degli uffici e del Contratto collettivo nazionale, ovvero le norme che prevedono “la necessaria informazione preventiva del sindacato” di riferimento, guidato da Cristina Malavasi.

I cinque Dg che non hanno più diritto a mantenere l’incarico e perdono la poltrona perché, contestualmente alla “sospensione dell’efficacia della indicata deliberazione”, la giudice Coinu ha ordinato “alla Regione convenuta di rimuovere tutti gli atti consequenziali alla medesima adottati nel frattempo”. I cinque direttori da mandare a casa, infatti, sono stati nominati grazie alla modifica delle regole di ingaggio.

La tegola del Tribunale del lavoro cade sulla testa di Francesca Piras, Dg della Sanità; Angela Maria Porcu, direttrice generale al Turismo; Delfina Spiga, parigrado all’Ambiente; Massimo Temussi, Dg al Centro regionale di programmazione; Antonello Zanda, stesso incarico agli Enti locali.

I cinque quadri sono stati ‘pescati’ dall’elenco regionale degli idonei, costiuito dalla Giunta Solinas come unico reclutamento per la nomina delle figure apicali nel Sistema Regione. Non solo: la delibera 27/14 cassata dalla giudice del lavoro affidava al servizio Concorsi dell’assessorato al Personale “il compito di predisporre e pubblicare l’avviso di acquisizione delle manifestazioni di interesse” a cui i dirigenti sono stati chiamati a partecipare. Il tutto senza consultare la rappresentanza dello Sdirs.

Nell’elenco degli idonei, in rigoroso ordine alfabetico, la Piras è 189°, la Porcu 197°, la Spiga 240°, Temussi 243° e Zanda 250°. I nomi inseriti sono in totale 252.

Se i cinque Dg torneranno al proprio posto con una successiva nomina, non è dato saperlo. Al momento neanche sul passaggio precedente ci sono certezze: per ora non si conoscono nemmeno i tempi del loro allontanamento, visto che dopo il decreto della giudice la palla torna di nuovo all’avvocato dello Sdirs che deve chiedere la cosiddetta applicazione della formula costitutiva. Si tratta di una procedura che deve portare alla reale rimozione di tutti gli atti derivati dalla delibera 27/14, come ha disposto dalla giudice Coinu.

A parte che Solinas è l’ennesima che non imbrocca, ma a questo si somma un ulteriore problema, di non poco conto: in Regione manca il segretario generale, dopo l’addio obbligato di Francesco Scano, l’ex presidente del Tar che dopo un anno di mandato – totalmente gratuito perché pensionato – ha dovuto lasciare per lo stesso motivo. A chi è titolare di un trattamento in quiescenza la legge consente infatti solo incarichi pubblici per un massimo di dodici mesi.

Ma in base alla legge 10 sui maxi staff, l’iter per l’ingaggio dei Dg è una competenza del segretario generale, senza il quale non si può muovere dito, perché così prevede la tanto discussa norma voluta da Solinas a maggio del 2021. Insomma, in Regione si prospetta un fine anno di paralisi amministrativa: le leggi che il governatore ha promosso per avere le mani libere nella gestione dei Uffici, si stanno rivelando una zavorra.

Al netto di eventuali escamotage che si possono trovare per ridurre gli effetti del provvedimemnto emesso dal giudice del lavoro, se qualcuno a Palazzo crede nella nemesi, eccola servita.

Alessandra Carta

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