“Un momento di lucida follia”: così Pippo Civati, fuoriuscito dal Pd e oggi alla guida di Possile, definisce il percorso parlamentare che ha portato all’approvazione della riforma costituzionale sottoposta al referendum. “Si doveva fare in fretta, per questo non c’è stato nessun spazio per la discussione”, precisa il deputato. “Il risultato – continua – è un testo insufficiente e licenziato a colpi di maggioranza spuria, cambiata in itinere per giunta”. Oltre alle critiche di metodo, ci sono quelle sulla sostanza delle nuove norme: “Grazie a una serie di elementi concomitanti, tra cui la legge elettorale, la riforma finirebbe per conferire al premier un potere troppo grande”. E attenzione alla riforma del titolo V: “Meno competenze alle regioni significa portare un attacco anche alle regioni a statuto speciale”.
Ecco l’intervista realizzata da Sardiniapost in occasione dell’iniziativa tenuta da Possibile a Villacidro, prima tappa del tour sardo del deputato sbarcato nell’Isola per sostenere le ragioni del No al referendum sulle modifiche apportate alla Carta costituzionale.
Via il bicameralismo perfetto, Senato fortemente ridimensionato e con prerogative debolucce. Per velocizzare i tempi del dibattito parlamentare e abbattere le spese: così dicono i sostenitori della riforma.
Il rischio è che Palazzo Madama si trasformi in un albergo abitato da consiglieri regionali che si scelgono tra loro e scelgono i sindaci. Ecco perché è necessario eleggere i senatori. Se il senato non dà più fiducia al governo e deve rimanere, come previsto dalla riforma, – ma si può anche abolire a patto che la Camera mantenga una certa rappresentanza –, deve quantomeno essere dotato di funzioni di garanzia, controllo e scrittura delle norme. Il senato concepito dal governo non ha invece nessuna vocazione particolare. Se, poi, l’obiettivo è ridurre i costi della politica, perché non lasciare nelle casse dello Stato la quota che i parlamentari devolvono ai loro partiti? Perché, poi, non tagliare il numero dei deputati?
Di recente il ministro alle Riforme Maria Elena Boschi ha sostenuto che l’accoppiata Italicum – riforma costituzionale garantirà maggiore governabilità. Che ne pensa?
L’apertura di una discussione critica sull’Italicum con tanto di proposte di modifica, all’interno dello stesso Pd, dopo un mese dall’entrata in vigore della nuova legge elettorale fa sorridere. Ad un certo punto Orfini dice che il premio di maggioranza della legge elettorale dovrebbe ispirarsi a quello greco, più ‘leggero’ rispetto a quello previsto dall’Italicum. Peccato che il giorno dopo Tsipras abbia abolito il premio di maggioranza, che non esiste in nessun sistema politico.
Per quanto riguarda la Spagna, con l’Italicum le forze politiche spagnole sarebbero dovute andare al ballottaggio, col rischio che il partito arrivato secondo al primo turno con il 23% risultasse vittorioso al secondo turno e portasse a casa il premio di maggioranza.
L’articolo della Costituzione che riconosce le regioni a statuto speciale, il 116, non è stato modificato. Ma il governo sta già ridiscutendo con le regioni autonome la revisione degli statuti. Passa da qui l’offensiva alla specialità?
Dopo gli anni del federalismo, c’è stata l’ammissione di una sconfitta. Di più, una vera e propria retromarcia. Pensiamo alla Sardegna, laboratorio di una pericolosa sperimentazione in campo energetico, e immaginiamo cosa accadrebbe se enti locali e regionali non potessero dire niente sull’energia. Pensando a situazioni di questo tipo e alle proteste delle comunità su impianti e trivelle, il governo ha risposto con l’accentramento delle competenze. Il fatto che le regioni autonome non siano state toccate dalla riforma dipende solo dal fatto che il governo ha avuto bisogno dei voti dei parlamentari delle regioni a statuto speciale. Ma se io rappresentassi una regione a statuto speciale, dal punto di vista di chi ci vive, mi preoccuperei. Senza le regioni ordinarie è più difficile difendere la specialità. Da un punto di vista politico, la questione è assolutamente chiara: quanto ci vorrà perché le regioni ordinarie chiedano l’abolizione delle regioni a statuto speciale?
Piero Loi