Quattro mesi. 122 giorni di governo della Sardegna spesi tra la necessità di far fronte ad alcune situazioni pesanti in eredità come quelle della sanità al collasso, provare a difendere le prerogative dell’Isola anche in contrasto con il Governo Meloni e soprattutto trovare un equilibrio su temi delicati sui quali si gioca una parte del consenso nei prossimi mesi: come la gatta da pelare delle rinnovabili, la transizione necessaria, inevitabile da una parte e il fuoco di fila di attacchi a cui è sottoposta quotidianamente dall’altra. Alessandra Todde si è insediata ufficialmente il 9 aprile, quando si è presentata in Consiglio e ha annunciato la composizione della Giunta dopo una vittoria alle Regionali in cui ha prevalso nonostante la spaccatura all’interno del fronte ‘progressista”: la leader del Campo largo è riuscita a farsi interprete di una forte volontà di cambiamento e discontinuità nel governo della Sardegna, dopo cinque anni di Giunta Solinas e con un candidato del centrodestra, Paolo Truzzu, reduce dall’esperienza poco apprezzata dai cittadini come sindaco di Cagliari. Una necessità di rinnovamento incarnata anche dal suo essere la prima donna alla guida della Regione.
Quattro mesi di lavoro non bastano per dare un giudizio compiuto sull’azione della sua Giunta – e di sicuro non su temi che scontano ritardi, lacune e problemi ereditati, come nel campo della sanità, con la riforma annunciata per settembre – ma danno l’idea della direzione presa e del piglio con cui la presidente della Regione intende governare per i prossimi anni. Sulle rinnovabili Todde si trova in una situazione complessa: da un lato è necessario procedere sulla transizione verde e sulla decarbonizzazione, e anche di corsa – la Sardegna produce energia ancora in buona parte da fonti fossili – e dall’altro rimediare a un vuoto legislativo che ha portato a decine e decine di richieste di impianti senza che ci fosse un piano per stabilire il “come” e il “dove”. In una situazione in cui il clima si è esasperato: una parte dell’opinione pubblica ormai associa alla parola “rinnovabili” quella di “speculazione” e non più quella di “futuro” o espressioni come “energia pulita” e “difesa dell’ambiente”. In un contesto simile, qualsiasi passo rischia di essere oggetto di critiche: da chi cerca di bloccare la transizione a chi invece preme perché si faccia in fretta (e tra questi ci sono buona parte delle associazioni ambientaliste, difficilmente accusabili di essere a favore della “speculazione”).
In questo momento la Giunta lavora alla mappa delle aree idonee, che dovrà essere consegnata a breve (180 giorni dopo il 3 luglio). Todde lo ha rimarcato più volte: le rinnovabili vanno fatte ma siano i sardi a decidere dove e a pianificare il come e il quanto, attraverso un nuovo piano energetico regionale. Per fare questo ci vuole tempo e la “moratoria” approvata dal Consiglio regionale – impugnata nei giorni scorsi dal Governo Meloni – non poteva essere altro che un modo di guadagnare tempo in attesa di mettere ordine in una situazione ingarbugliatissima. La Giunta ha ottenuto dal Governo di fare in modo che fosse la Sardegna a decidere dove dislocare gli impianti, per raggiungere entro il 2030 la quota di 6,2 GWp aggiuntivi rispetto agli impianti già entrati in esercizio prima del 2021. Sull’eolico offshore, la Sardegna ha ottenuto che qualsiasi impianto si trovi al largo delle coste dell’Isola incide su di noi, perché impatta su economia, pesca, turismo, paesaggio anche se viene realizzato fuori dalla zona di competenza della Regione.
La presidenza di Todde si è caratterizzata finora anche per un certo, rinnovato protagonismo dell’Isola sullo scacchiere nazionale. La battaglia contro l’autonomia differenziata firmata Calderoli, di cui la Sardegna si è fatta capofila, è forse l’esempio più lampante. Ma non è solo una nuova soggettività politica della Regione che vuole esprimere la sua voce nel dibattito italiano: la volontà sembra essere quella di difendere le prerogative dell’Isola laddove il Governo sembra “tracimare”. Sull’energia, sull’autonomia differenziata ma anche sulle materie prime critiche. “Il Governo, utilizzando impropriamente un decreto legge, dispone una disciplina lesiva non solo del nostro Statuto e delle nostre competenze esclusive in materia di sfruttamento di cave e miniere, ma mina soprattutto la possibilità per noi sardi di tutelare ambiente e paesaggio. Un atteggiamento ricorrente in questi ultimi tempi, pericoloso e incurante degli impatti che tali disposizioni avrebbero sulla Sardegna”, aveva attaccato Todde annunciando l’impugnazione del decreto di fronte alla Corte costituzionale. Questo non significa però andare allo scontro “a prescindere”: il dialogo con esponenti del Governo e il lavoro con i ministri – ad esempio Anna Maria Bernini per il progetto dell’Einstein Telescope – è portato avanti cercando di badare al sodo degli interessi dell’Isola.