Cani: “Se Zedda correrà alle Regionali, lo decideranno i cittadini e non il Pd”

Emanuele Cani, segretario del Pd sardo dal 28 luglio, mette subito in chiaro una cosa: “Se il sindaco Massimo Zedda si candiderà alle Regionali del 2019, non sarà il Pd a deciderlo. Non siamo più nell’era politica in cui il nostro partito chiamava a raccolta gli altri con un ruolo da primus inter pares. La palla è in mano ai cittadini, agli amministratori locali e ai movimenti che nei territori sono impegnati nella costruzione di un progetto per la Sardegna. Certo: anche noi del Pd abbiamo definito un nostro percorso e lo stiamo portando avanti con incontri quotidiani in tutti i Comuni dell’Isola, ma senza più quel ruolo di guida avuto sino a oggi nella coalizione di centrosinistra, visto che gli elettori hanno chiesto di partecipare direttamente alle scelte”. È in questo mutato schema di rapporti di forza che il Pd si è incamminato verso la maratona che da qui al prossimo anno porterà alle Regionali. La data del voto non è stata ancora fissata, ma le urne dovranno aprirsi obbligatoriamente tra il 20 gennaio e il 24 febbraio.

Segretario, si sente meglio dopo i 70mila di Roma nella piazza di domenica scorsa?

Tutti ci sentiamo meglio. È stata una gran bella giornata di democrazia che ha regalato un colpo d’occhio suggestivo. E il nostro segretario nazionale, Maurizio Martina, è stato capace di portare all’attenzione temi su cui avevamo smesso di parlare.

Per esempio?

Io ho apprezzato molto la capacità dimostrata da Martina di raccogliere l’invito all’unità gridato in piazza dalla base. Il Pd ha bisogno di pace interna e solo uniti possiamo davvero contrapporci ai populismi di Lega e Cinque Stelle che stanno diventando sempre di più partiti estremisti. Paradossalmente a fronte di uno spazio politico che Salvini e Di Maio stanno occupando con la violenza verbale, se ne sta aprendo un altro che si è schierato sull’intolleranza zero”, come nella piazza rossa di domenica a Milano contro il razzismo.

Martina ha anche parlato di “lezione imparata”.

Non che non sapessimo dove stavamo sbagliando. Ma forse nel Pd abbiamo creduto di essere invincibili e negli ultimi anni abbiamo ascoltato poco il dissenso.

Si riferisce al Jobs Act?

Per me il Jobs Act è stata la riforma meno penalizzante per il Pd. E anzi: stando ai dati Istat di agosto la disoccupazione è tornata ai livelli pre-crisi, con un macroparametro che è importante per il Paese. Io la riforma del lavoro l’ho votata e lo rifarei convintamente. Uno degli errori commessi dal Pd è stata l’imposizione della Buona Scuola. Che ugualmente ho contribuito ad approvare, ma col sennò del poi riconosco che abbiamo sbagliato a non raccogliere le richieste di modifica arrivate dal mondo dell’istruzione.

Regionali sardi del prossimo anno: il Pd è atteso da un lavoro difficilissimo. Da dove state cominciando?

Intanto abbiamo deciso di rivedere il nostro ruolo: sino a oggi il Pd ha guidato il centrosinistra, quasi in una relazione unilaterale. Quella modalità appartiene al passato. È tempo di compartecipazione, condivisione e ascolto, in una nuova prospettiva anche culturale: saranno dapprima gli elettori, gli amministratori locali e i movimenti civici a suggerire il progetto di Sardegna e il candidato”.

In che modo lo faranno?

Io posso dire quale nuovo cammino ha intrapreso il Pd, sebbene non sia l’unica forza impegnata nel campo elettorale. Noi abbiamo ricominciato a dialogare con i nostri iscritti, i militanti e i simpatizzanti. Lo stiamo facendo attraverso incontri quotidiani nei Comuni. Ieri ero a Cagliari al circolo Copernico, oggi ho un incontro nel Medio Campidano, giovedì, sempre a Cagliari, mi confronterò con gli operatori del Terzo Settore, venerdì sarò a Sassari all’assemblea provinciale, sabato a Guspini. Sono tutti appuntamenti preparatori alla conferenza programmatica di novembre.

In cosa consisterà?

Ogni singolo territorio presenterà le schede di sintesi, ovvero i risultati di proposte e idee raccolte nelle riunioni locali e con le quali lavoreremo alla definizione di una nostra proposta di governo per confrontarci con altri partiti e movimenti.

Quali partiti, se il centrosinistra del 2014 non esiste più?

Proprio in virtù di questa consapevolezza il Pd ha cambiato la modalità del confronto. Ma il fatto che non esista più il centrosinistra del 2014 non significa la perdita dell’area politica di riferimento. Basta leggere le dichiarazioni fatte ieri dai sindaci Pizzarotti e Pascussi che dalle pagine de La Repubblica hanno lanciato la candidatura di Massimo Zedda. Pizzarotti e Pascussi guidano ‘Italia in Comune’, il movimento definito dagli stessi primi cittadini di Parma e Cerveteri ‘una forza progressista, ambientalista ed europeista’. Il Pd è interessato a discutere di questi temi con ‘Italia in Comune’. Lo stesso vale per l’area identitaria che trova nel Partito dei Sardi una delle sue espressioni.

Zedda è il vostro candidato?

Zedda, intanto, non è ancora candidato. Quando lo sarà, e se lo sarà, diremo la nostra. Non spetta al Pd chiedere che si metta a disposizione. Ripeto: la partecipazione concreta chiesta da elettori, amministratori locali e movimenti ha la priorità. Noi continuiamo a lavorare nei nostri circoli, una preziosa rete che abbiamo a lungo trascurato. Ma c’è, esiste, è anch’essa uno spazio di democrazia da cui arriveranno spunti interessanti: saranno valutati nella conferenza programmatica cominciata nei giorni scorsi e che andrà avanti sino a novembre. Oggi la politica sembra spostata sui social. Noi crediamo che sia importante restare anche nei territori, perché da lì arrivano anche le critiche e le contestazioni necessarie a costruire un progetto per la Sardegna.

Non starà mica dimenticando che governate la Sardegna da quasi cinque anni?

Nessuna dimenticanza. E anzi: proprio per privilegiare la parte istituzionale, in questi anni abbiamo al contrario trascurato circoli. Anche per questa ragione la conferenza programmatica non sarà una giornata con quattro leader che parlano e vengono applauditi, per poi concludere tutto con un arrivederci e grazie. La discussione rimarrà nei territori e nelle piazze, seppure sarà attivato un coordinamento a una regia regionale.

Il Partito dei Sardi, per il tramite del segretario Maninchedda, ha aperto la chiamata alle primarie della nazione sarda. Cosa le sembra?

La proposta è interessante. Il segretario Maninchedda ha offerto spunti su cui vale la pena ragionare.

Quali spunti?

Per esempio il rivedere il rapporto tra Stato e Regione: è un tema sul quale il Pd è favorevole.

Le risulta che nelle scorse settimane il Partito dei Sardi abbia tentato di strappare il via libera all’ingresso nel centrodestra, ma a stoppare tutto sia stata la Lega?

Non saprei. È invece pacifico che il centrodestra non abbia dimostrato alcun interesse verso le primarie proposte dal Partito dei Sardi.

Eccetto il deputato Pietro Pittalis.

L’apprezzamento di Pittalis mi pare fatto a titolo personale, a giudicare dal resto delle reazioni: gli altri partiti dello schieramento non hanno manifestato grande disponibilità. Compresa Forza Italia che deve aver deciso di fare da contorno a una coalizione a trazione leghista.

Come candidato governare nel centrodestra si fanno tre nomi: Binaghi, Solinas e Tunis. Che idea ha su di loro?

Binaghi non lo conosco. Solinas e Tunis fanno politica da ragazzini e non mi sembra che abbiano mai brillato.

Puddu il candidato di M5s?

Non ho ancora capito quale progetto di Sardegna abbia. Non ha ancora detto niente.

Il presidente in carica, Francesco Pigliaru, è un iscritto Pd. Qualcuno nel suo partito si sta occupando di chiedere al governatore se si ricandiderà o meno?

Conoscendo il presidente, persona di grande intelligenza e che fa parte di una organizzazione democratica, non credo prenda in autonomia l’ipotesi di una ricandidatura. Il ragionamento si svilupperà nel partito, ma non se n’è ancora parlato.

Come valuta questi quasi cinque anni di governo della Regione?

Sono state fatte cose importanti. Si pensi al reddito di inclusione sociale, al bando Lavoras per il rilancio dell’occupazione, ai grandi investimenti del progetto Iscol@, sia sulle infrastrutture che sull’offerta formativa. Il risanamento della società Igea e il rilancio delle bonifiche sono un altro tassello del buon governo. Pensiamo ancora alla riapertura di Alcoa, ai bandi per le imprese, ai finanziamenti per le aree di crisi e al piano per il turismo.

Non contesta nulla?

Ci sono problemi sull’applicazione della riforma sanitaria, indubbio: la riorganizzazione degli ospedali sta creando malumori nei territori. La riforma in sé è buona e ha l’importante obiettivo di ridurre gli sprechi: vanno però risolti alcuni disservizi nell’assistenza che rischiano di depotenziare il traguardo storico e straordinario dell’attivazione dell’elisoccorso. Sono invece rammaricato per il non voto della Legge urbanistica: l’assessore Cristiano Erriu ha fatto in questi anni un encomiabile lavoro di riordino normativo, adesso andato perduto.

Trova che la sua maggioranza abbia sbagliato nel forzare la mano sui premi volumetrici nella fascia dei 300 metri?

Sulle ristrutturazioni nella fascia dei 300 metri la reazione degli ambientalisti e di una parte dell’opinione pubblica non è stata positiva. Ma come risulta dalla lettera inviata al presidente Pigliaru, sono stati altri i motivi che hanno spinto l’assessore Erriu a chiedere il ritiro del ddl dalla discussione in Aula. Sul disegno di legge non è arrivato il parere del Cal: il Consiglio per le autonomie ha contestato l’assenza di misure contro la burocrazia e il mancato inserimento di interventi per contrastare lo spopolamento delle zone interne. Erriu, da uomo delle istituzione qual è, non ha voluto fare alcuno strappo con il mondo delle autonomie, di cui è stato un rappresentante da presidente di Anci Sardegna.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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