La Corte Costituzionale ha accolto in modo parziale il ricorso presentato da alcune Regioni (Sardegna, Puglia, Toscana e Campania) contro la legge sull’autonomia differenziata. La Consulta ha dichiarato che l’intera legge non è incostituzionale, ma ha trovato illegittime alcune specifiche disposizioni. In particolare, i giudici hanno ribadito che il principio di autonomia delle regioni deve essere compatibile con i valori fondamentali della Costituzione, come l’unità della Repubblica, la solidarietà tra le regioni e la garanzia dei diritti civili e sociali.
La Consulta ha sollevato dubbi su alcune modalità previste dalla legge. Tra queste, la possibilità di trasferire materie senza una chiara giustificazione in base al principio di sussidiarietà, la delega al governo per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), e la possibilità che siano i decreti del presidente del Consiglio a stabilire l’aggiornamento di tali livelli, bypassando il ruolo del Parlamento. Inoltre, la Corte ha criticato la possibilità di modificare, tramite decreto, le aliquote tributarie senza un adeguato controllo e la facoltatività di rispettare gli obiettivi di finanza pubblica da parte delle regioni che ottengono l’autonomia.
D’altra parte, la Corte ha giudicato costituzionalmente accettabili altre previsioni della legge, come la possibilità per il Parlamento di emendare le leggi di differenziazione e l’uso di criteri di efficienza nella distribuzione delle risorse. Inoltre, la Corte ha confermato che la legge deve essere interpretata in un’ottica di solidarietà tra le regioni, evitando che l’autonomia delle regioni metta in pericolo l’uguaglianza e i diritti dei cittadini.